Nessuna rottura tra i Paesi frugali, a discapito delle voci arrivate dopo l’ultima notte di trattative sul Recovery Fund al Consiglio europeo, anzi. Il gruppo da quattro è passato a cinque, con l’aggiunta della Finlandia a rinforzare il fronte del Nord accomunato da un’economia accorta, efficiente e strutturata. Caratteristiche queste che contrappongono Olanda, Austria, Danimarca, Svezia al fronte dei Paesi meridionali, Italia compresa. «Se crei un gruppo e combatti per gli interessi comuni puoi spingerti molto in là e sono molto felice che il gruppo dei frugali sia cresciuto perché non avremmo mai potuto raggiungere questo risultato da soli», ha dichiarato il cancelliere austriaco Sebastian Kurz.
Olanda, Austria, Danimarca, Svezia si sono messe di traverso sulle trattative sul Recovery Fund. I governi del Nord provano un malcelato risentimento verso la Francia, perché dal presidente Emmanuel Macron non si sono sentiti trattati con pari dignità. Ma soprattutto sono insofferenti verso la cancelliera tedesca Angela Merkel, dalla quale si sentono traditi: la cancelliera in primavera ha stretto un accordo con la Francia per sostenere Italia e Spagna con il Recovery Fund, mettendo da parte gli alleati tradizionali dei Paesi più piccoli. I fendenti di Rutte alle proposte di compromesso di questi giorno contro Italia e Spagna, i paesi europei più colpiti dalla pandemia di coronavirus, sono in realtà colpi assestati alla Merkel. Chiedono una riduzione dell’importo totale degli aiuti e dei trasferimenti a fondo perduto, un aumento degli sconti e la garanzia che investimenti e riforme siano controllati.
La partita sul Recovery Fund è chiusa o presto lo sarà. Ma la lotta di classe dei Paesi piccoli contro i grandi, e contro l’idea stessa di un’Europa politica, non è che all’inizio. Olanda, Austria, Danimarca, Svezia fanno parte dello stesso ceto politico in Europa: piccole economie, efficienti, strutturate per approfittare fuori da ogni proporzione del mercato interno europeo, anche perché la loro stessa dimensione fa sì che gran parte del loro reddito provenga dall’export verso i Paesi vicini. La Commissione Ue stima che ogni anno olandesi e austriaci ottengano benefici dal mercato europeo pari a circa 5.000 euro per abitante (contribuendo meno di 500 euro), mentre italiani, francesi o spagnoli per circa duemila (contribuendo non molto meno dei Nordici). Quindi l’agenda dei “frugali” prevede una sorta di lotta di classe contro il ceto dei Paesi più grandi, e soprattutto verso Spagna e Italia, perché non capiscono come non riescano a organizzarsi per cogliere al meglio i benefici dell’euro e dei mercati aperti.
Ma perché frugali? La definizione arriva dal Financial Times, e risale allo scorso febbraio, prima dell’esplosione dell’emergenza Covid in Europa. Il quotidiano finanziario britannico aveva usato l’aggettivo inglese «frugal» per indicare i quattro paesi (Austria, Danimarca, Olanda, Svezia) i cui premier avevano scritto una lettera divenuta in breve «storica» al quotidiano della City londinese. Nella lettera, i quattro spiegavano le ragioni del loro essere «frugal», ovvero «parsimonioso». La stampa italiana ha adottato la traduzione più immediata, «frugali», sebbene in inglese non indichi la moderazione nel mangiare e nel bere ma un atteggiamento economico attento.