Alle 5,31, dopo 4 giorni di negoziati, il presidente del Consiglio europeo Charles Michel annuncia con una sola parola su Twitter che è arrivato l’accordo sul Recovery Fund e Next Generation Eu: «Deal». Il presidente francese, Emmanuel Macron, parla di «un giorno storico per l’Europa». Per il presidente del Consiglio Giuseppe Conte il piano «è ambizioso e adeguato». Si conclude così uno dei vertici più lunghi della storia dell’Unione Europea. Adesso potranno tornare a casa e dirsi tutti vincitori, perché il Recovery Fund, il pacchetto di aiuti pensato per sostenere i Paesi più duramente colpiti dalla crisi economica generata dal coronavirus, è rimasto del valore complessivo di 750 miliardi come proposto dalla Commissione europea, difeso da Germania e Francia, con il sostegno dell’Italia e degli altri Paesi del Sud. Per convincere i Paesi frugali è stato necessario sbilanciare il rapporto tra trasferimenti e prestiti a favore di questi ultimi, come chiesto con intransigenza da Olanda, Austria, Danimarca, Svezia e Finlandia.
Deal!
— Charles Michel (@eucopresident) July 21, 2020
L’equilibrio finale del Recovery Fund è dunque di 390 miliardi di sovvenzioni a fondo perduto e 360 miliardi di prestiti. Dopo intense e serrate trattative i trasferimenti scendono da 500 a 390 miliardi e i prestiti salgono da 250 a 360 miliardi. Per salvare gli aiuti già promessi agli Stati Ue nella prima proposta (con criteri di allocazione predefiniti), la soluzione adottata dal presidente Michel è stata eliminare alcuni programmi che non avevano già un’assegnazione nazionale certa, come il fondo per la ricapitalizzazione delle imprese europee.
Dei 750 miliardi di aiuti europei 208 andrebbero al nostro Paese, confermato primo beneficiario del Fondo davanti alla Spagna. L’Italia torna a casa con circa 208,8 miliardi di cui 81,4 di trasferimenti (400 milioni in meno rispetto alla proposta della Commissione ) e 127,4 di prestiti (rispetto a 90,9) per fare le riforme e per trasformare l’economia del Paese secondo le priorità e le raccomandazioni dell’Ue. «Abbiamo conseguito questo risultato tutelando la dignità del nostro Paese e l’autonomia delle istituzioni comunitarie», dice il premier Giuseppe Conte in conferenza stampa al termine del Consiglio europeo. «L’approvazione di questo piano rafforza l’azione del governo italiano. Ora avremo una grande responsabilità: con 209 miliardi abbiamo la possibilità di far ripartire l’Italia con forza e cambiare volto al Paese. Ora dobbiamo correre». E sul Mes risponde: «La mia posizione non è mai cambiata. Il Mes non è il nostro obiettivo. L’obiettivo è valutare il quadro di finanza pubblica e utilizzare tutti i piani che sono nell’interesse dell’Italia. Il piano che oggi approviamo ha assoluta priorità e ci sono prestiti molto vantaggiosi».
Anche il nodo sulla governance, che ha bloccato il negoziato per giorni e che ha visto Italia e Olanda fronteggiarsi, è un compromesso che accontenta sia Conte che Rutte: i piani di ripresa saranno approvati a maggioranza qualificata dall’Ecofin su proposta della Commissione e non all’unanimità come voleva il falco Mark Rutte, ma un singolo Paese potrà chiedere l’intervento del Consiglio per bloccare l’esborso se riterrà che c’è un allontanamento nell’attuazione delle riforme dagli obiettivi prestabiliti. L’Olanda e gli altri “frugali” ottengono, quindi, il «freno di emergenza», ma anche che i «rebates» rimangano invariati e un aumento dello sconto di cui godono sui contributi al bilancio dell’Ue.