Incassato il sì del Senato, anche l’aula della Camera ha approvato la risoluzione di maggioranza che dà il via libera alla proroga dello stato di emergenza fino al 15 ottobre. I voti a favore sono stati 286, i contrari 221. Nel suo intervento alla Camera il premier Giuseppe Conte ribadisce quanto già dichiarato ieri a palazzo Madama: «La pandemia purtroppo ancora oggi non ha completamente esaurito i suoi effetti, seppure in misura contenuta e territorialmente circoscritta». La data della fine dello stato di emergenza è stata anticipata al 15 invece che al 31 ottobre: scelta frutto di una mediazione tra i partiti della maggioranza.
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Non c’è una motivazione tecnica, anzi due settimane in più sarebbero state probabilmente utili per pianificare gli interventi in vista della stagione invernale e per fare fronte alle esigenze derivate dalla riapertura delle scuole. Ma Italia viva ha preteso un termine più breve e alla fine si è deciso di spostare la data, forse nel timore che un braccio di ferro avrebbe potuto portare addirittura a un’anticipazione ulteriore e invece altri due mesi e mezzo vengono ritenuti indispensabili dal governo proprio per fare fronte a tutte le esigenze e allo stesso tempo contenere i rischi da contagio da coronavirus.
Con la proroga dello stato di emergenza il governo potrà infatti istituire zone rosse dove si dovessero verificare nuovi focolai e potrà reperire nuovi posti letto per i pazienti in alberghi e caserme per affrontare un’eventuale seconda ondata di contagi. Potrà inoltre bloccare i voli da e per gli Stati considerati a rischio.
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Anche le nuove regole collegate agli eventi che richiamano migliaia di persone – le partite di calcio, le elezioni, i concerti e gli eventi – devono ancora essere messe a punto e questo deve essere fatto nell’ambito dello stato di emergenza. Discorso a parte riguarda lo smart working sul quale si avvierà un confronto tra aziende e sindacati per il prolungamento che in alcuni casi è già stato deciso vada oltre la fine di questa situazione.
Ma il settore più delicato rimane quello della scuola, con il ritorno in classe di 12 milioni di persone tra studenti, insegnanti e personale. Lo stato di emergenza consente di svolgere le gare per l’approvvigionamento del materiale necessario a far ripartire la scuola con procedure semplificate e dunque accelerate. Garantendo però i prezzi calmierati. Pur non applicando il codice degli appalti, si devono infatti seguire le norme che tutelano la concorrenza e in ogni caso l’interesse pubblico, pena l’annullamento dei bandi. Agire seguendo questo regime consente anche di poter fissare le regole che tengano conto di quanto potrà accadere durante lo svolgimento delle lezioni nel corso dell’anno: studente o docente positivo in classe, obbligo di quarantena, misurazione della febbre, organizzazione delle gite o delle uscite dagli istituti a fini didattici.