Passano le ore e appare sempre più probabile la pista dell’incidente dopo l’enorme esplosione che ha colpito il porto di Beirut, dov’erano custodite 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio. La Croce Rossa riporta un bilancio di almeno 100 vittime, 4 mila feriti e cento dispersi. Le squadre di soccorso sono ancora al lavoro in operazioni di salvataggio per cercare le persone ancora sotto le macerie in quella che il governatore della città, Marwan Abboud, ha definito una scena come quella di Hiroshima e Nagasaki. Colpiti in modo non grave, anche due militari italiani in forza al nostro contingente di oltre mille soldati impiegato nella missione di peacekeeping Unifil “Leonte”.
View of Beirut port a day after a powerful blast hit the city https://t.co/eadTj3j6ED
— Reuters (@Reuters) August 5, 2020
A provocare l’esplosione sarebbe stato un carico di nitrato di ammonio di oltre 2.700 tonnellate conservato nell’hangar 12 del porto dopo esser stato confiscato nel 2013 da una nave russa battente bandiera moldava: il presidente Michel Aoun ha detto che aver tenuto lì quel materiale senza misure di sicurezza è «inaccettabile». Il primo ministro Hassan Diab ha promesso che le responsabilità saranno accertate e «i responsabili ne pagheranno il prezzo». Il nitrato di ammonio si usa come fertilizzate e come esplosivo. È l’elemento chimico più usato negli attentati, che si ottiene dall’ammoniaca e dall’acido nitrico. Esplode solo se collegato a un detonatore. Utilizzato nel 1995 per l’attentato di Oklahoma City, che ha provocato la morte di 168 persone, da suprematisti americani. Viene usato anche per i fuochi d’artificio e come propellente per i razzi.
L’effetto delle esplosioni è stato apocalittico: le esplosioni, udite anche a Nicosia (Cipro), a 240 chilometri (150 miglia) di distanza, sono state registrate dai sismologi come l’equivalente di un terremoto di magnitudo 3,3. Una gigantesca nuvola arancione ha avvolto le strade che circondano il porto, sventrando gli edifici nel raggio di chilometri. Tra questi anche il palazzo presidenziale e diverse ambasciate. Indenne la rappresentanza diplomatica italiana. Nella città è stato proclamato lo stato d’emergenza per due settimane. Il ministro della salute libanese, Hamad Hasan, consiglia a chiunque possa di lasciare la città, a causa di materiali pericolosi sprigionatisi nell’aria dopo le deflagrazioni che potrebbero avere effetti a lungo termine mortali.
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— Shri jakhar🇮🇳 (@shrijakhar) August 5, 2020
Non ci sono ancora certezze sulle cause dell’accaduto. I sospetti che si tratti di un attentato erano stati avanzati inizialmente a causa delle prime notizie circa una seconda esplosione nei pressi della residenza dell’ex premier sunnita Hariri. Tuttavia, la tesi dell’incidente appare via via più probabile e le autorità restano caute. Una fonte della sicurezza libanese, rilanciata alcuni media locali, ipotizza che a innescare la prima esplosione possa essere stato un lavoro di saldatura di un buco nel magazzino di fuochi d’artificio, non lontano da dove era stoccato il nitrato di ammonio.
Nonostante il governo libanese abbia parlato espressamente dell’ipotesi che l’esplosione sia avvenuta in un deposito di nitrato di ammonio, nelle ultime ore sono circolate diverse teorie alternative. Per il presidente Usa, Donald Trump, le esplosioni sono state causate da una bomba. Una tesi che è stata però contraddetta da tre fonti anonime della Difesa Usa citate dalla Cnn, secondo le quali non ci sono indicazioni di attacchi. Altri hanno citato per esempio le recenti tensioni tra Israele ed Hezbollah, gruppo islamista sciita radicale che opera per lo più nel sud del Libano, e ipotizzato un attacco di Israele, che però tramite fonti anonime ha smentito (il governo israeliano ha detto che non commenta “notizie straniere” e ha offerto la sua assistenza al Libano tramite intermediari internazionali).
L’esplosione è comunque avvenuta in un momento estremamente critico per il Libano. Da tempo l’economia libanese è in profonda crisi e la situazione è peggiorata con la pandemia da coronavirus. Moltissime persone hanno perso il lavoro e la loro casa, oltre che i loro risparmi, a causa del crollo del valore della valuta locale. Sono di due giorni fa le dimissioni del ministro degli Esteri, Nassif Hitti, che avrebbe espresso la propria insoddisfazione per la gestione da parte del governo di diverse questioni di importanza nazionale, tra cui la crisi economica che attanaglia il Paese. L’ultima grossa esplosione che aveva colpito il Libano risale al febbraio 2005, quando l’allora primo ministro libanese, Rafiq Hariri, fu ucciso da un’autobomba fuori da un hotel di Beirut. Il verdetto del processo contro le persone accusate dell’omicidio di Hariri, quattro membri di Hezbollah, è tra due giorni a L’Aia, nei Paesi Bassi.