Il commissario Domenico Arcuri le ha definite «vergognose speculazioni»: l’indagine sulla spesa sanitaria in emergenza, condotta dall’Autorità Anticorruzione, mostra un aumento di prezzi ingiustificato dei dispositivi medici e delle forniture ospedaliere. Dalle visiere alle mascherine, le variazioni di prezzi corrisposti da Regioni e aziende sanitarie in tutta Italia oscillano tra 300% e 800%. Con punte del 4250% sui guanti. Un esempio su tutti quello di Legnano e Lodi che si trovano nella stessa regione, distano 70 chilometri e le aziende sanitarie rispondono allo stesso assessorato. Eppure sembrano su pianeti diversi, quando acquistano camici per medici e infermieri. A Lodi li pagano 1,80 euro l’uno; a Legnano 7,90 euro. Una differenza del 339%.
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In almeno nove casi su dieci le aziende sanitarie hanno tenuto trattative private con le imprese, che puntualmente non sono state accompagnate da un dovuto controllo sui fornitori. «L’indagine nasce dalla volontà di capire che cosa succede negli acquisti di emergenza. Varie segnalazioni ci dicevano di prezzi molto differenziati» ha spiegato a La Stampa Francesco Merloni, presidente dell’Anac, sottolineando che era inevitabile nell’emergenza «come era inevitabile che gran parte degli affidamenti avvenisse senza gara. Ma nella prima fase le amministrazioni si sono trovate nelle mani dei fornitori, che hanno spuntato anche prezzi fuori mercato».
Tutto questo ha portato non solo a cifre gonfiate ma anche a ritardi della fornitura, riscontrati nel 25% dei contratti, all’impossibilità di garantire l’intera quantità di prodotti ordinati, alla mancanza del requisito di affidabilità professionale. E così in alcune zone d’Italia si è pagato un camice da un minimo di 1,80 euro fino a un massimo di 7,90 euro, per non parlare delle mascherine FFP2, da 1,33 fino a 20,28 euro. I prezzi più gonfiati di tutti sono stati quelli dei guanti con un picco raggiunto del 4250%. Speculazione anche per i ventilatori polmonari, con un costo minimo di 6.950 euro ad un massimo di 38.200.
Tra le Regioni che, in valore assoluto, hanno speso di più per l’emergenza sanitaria, ci sono state Lombardia, Toscana, Emilia Romagna e Veneto. Insieme hanno costituito un terzo della spesa complessiva nazionale. Per quanto riguarda la spesa pro capite in testa c’è, invece, la Toscana con 101 euro a residente. Il doppio del Piemonte. A salire sul podio della spesa per contagiato la Campania: oltre 76mila euro totali, 15 volte quella della Lombardia.
L’analisi di Anac sui camici fa tappa in Lombardia. Minimo e massimo di costo sono infatti nella stessa regione, proprio lì dove la Procura di Milano sta indagando. La Dima Spa, azienda del cognato e della moglie del governatore Attilio Fontana, avrebbe concordato la fornitura con la Regione. Secondo i dati Anac, l’Azienda sanitaria di Legnano ha pagato i camici 7,90 euro l’uno. Quella di Lodi solo 1,80, grazie a un «acquisto centralizzato», ovvero gestito a livello regionale. Dove però, contemporaneamente, si pagavano 6 euro l’uno i camici prodotti dal cognato del governatore.
«Il pericolo più grande – dice Merloni – è un’assuefazione all’emergenza» con il buon entusiasmo delle infiltrazioni mafiose. L’Anac intanto ha definito alcuni casi «situazioni estreme» per cui ha annunciato di andare avanti svolgendo un’istruttoria di supplemento per 35 appalti. Alla fine dell’ulteriore fase l’Autorità potrà decidere per sanzioni e segnalazioni alla magistratura.