Con il taglio dei parlamentari, su cui gli italiani saranno chiamati ad esprimersi con il referendum del prossimo 20 e 21 settembre, si annuncia una vera e propria rivoluzione nell’architettura di Camera e Senato che cambierà profondamente anche la rappresentanza. Se vincerà il “sì” al referendum sul taglio di deputati e senatori, in Italia il rapporto tra parlamentari e popolazione scenderà a circa 1 ogni 100mila abitanti. Ma sarà comunque più alto di quello attualmente presente in Germania, Francia e Regno Unito, cioè i maggiori Paesi europei. E quasi 10 volte maggiore rispetto agli Stati Uniti, dove i membri del Congresso sono solo 535 a fronte di una popolazione di circa 330 milioni.
Per il momento l’Italia è lo Stato dell’Unione europea con il maggior numero di parlamentari in valori assoluti (superata solo da Regno Unito se si tiene conto anche della Camera alta). Attualmente il nostro Paese conta 945 rappresentanti tra deputati e senatori (più i senatori a vita e i presidenti emeriti della Repubblica che non rientrano nel conteggio), a fronte di una popolazione di 60.359.546 persone. Se il referendum dovesse confermare la riforma, approvata in ultima lettura a larghissima maggioranza, il Parlamento italiano scenderebbe a 600 membri eletti dal popolo (400 alla Camera e 200 al Senaro). Di conseguenza il rapporto parlamentari-cittadini passerebbe a circa 1 ogni 100mila. Nel calcolo bisogna infatti considerare i membri di entrambe le Aule un quanto solo in Italia vige il bicameralismo perfetto e per fare un confronto con l’estero non si può scegliere solo Montecitorio o Palazzo Madama. Specie se li si paragona a Paesi sostanzialmente monocamerali.
In assoluto il Paese Ue dove è garantita una maggiore rappresentanza è Malta: con una cittadinanza di 493.559 persone (dati Eurostat del 2019) e 67 membri del Parlamento, il rapporto è di 13,57 ogni 100mila abitanti. Situazione che in teoria permette una presenza più stretta della politica sul territorio e una maggiore conoscibilità dei candidati. Seguono il Lussemburgo (60 deputati per 613mila persone) e Cipro (80 per 875mila).
La Spagna può contare su un rapporto di 1,2 ogni 100mila abitanti: i residenti sono quasi 47 milioni e i parlamentari 558. Anche a Madrid c’è un sistema bicamerale, ma quello che conta è soprattutto il Congresso dei deputati con i suoi 350 membri (sono loro a dare o revocare la fiducia al governo). Il Senato invece è misto: 208 senatori sono eletti a suffragio universale, mentre 58 sono nominati dalle 17 assemblee delle Comunità autonome.
Situazione numericamente diversa in Regno Unito, ormai fuori dall’Ue, dove la Camera dei comuni è eletta democraticamente e conta 650 deputati, mentre la Camera dei lord non ha un numero fisso ed è composta da oltre 600 membri a vita, 87 ereditano il titolo per discendenza e 26 devono la nomina al loro ruolo di vescovi anglicani. In totale a Westminster ci sono più di 1.400 persone, ma a contare sono anche in questo caso i rappresentanti votati alle elezioni. Il rapporto tra deputati e cittadini è pari a 0,97 ogni 100mila.
Anche in Francia la struttura è bicamerale, ma i membri del Senato ottengono il seggio solo grazie al voto di circa 150.000 grandi elettori (sindaci delle maggiori città, consiglieri comunali, consiglieri regionali e deputati). Il potere legislativo è soprattutto nelle mani dell’Assemblea nazionale, composta da 577 deputati. Dal momento che i cittadini francesi nel 2019 hanno toccato quota 67.012.883 (fonte Eurostat), il rapporto si ferma a 0,86 parlamentari ogni 100mila abitanti.
La Germania, stando solo ai numeri, è il Paese Ue dove la rappresentanza è meno garantita. I cittadini tedeschi sono circa 83 milioni, mentre i membri del Bundestag nell’ultima legislatura sono arrivati a quota 709. Il loro numero, infatti, parte da una base di 598 seggi e varia in base ai voti ottenuti dai singoli schieramenti politici. Il rapporto tra parlamentari e popolazione si ferma quindi a a circa 0,85 ogni 100mila abitanti.