Dall’inizio della pandemia di coronavirus gli ambientalisti hanno più volte chiesto di vigilare sullo smaltimento di guanti e mascherine. Ma sembra che ormai il danno è stato fatto. L’associazione francese “Opération Mer Propre” (Operazione Mare Pulito) ha stimato che il mare è popolato «più da mascherine che da meduse». E un segnale forte è arrivato anche dall’Italia: ad Ancona il pellicano – il battello spazzino che ripulisce l’acqua del porto dai rifiuti – ha cominciato ad estrarre sempre più mascherine che galleggiavano sulla superficie e il presidente dell’Autorità del porto, Rodolfo Giamperi, ha dovuto prendere atto della presenza «sempre più massiccia di mascherine e guanti, prima inesistenti».
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Con la riapertura delle scuole se ne stimano altri 11 milioni al giorno da smaltire. Gli esperti dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), dall’Istituto Superiore di Sanità e dal ministero dell’Ambiente raccomandano di gettarle nella spazzatura indifferenziata e non nelle raccolte differenziate in modo che la destinazione finale sia l’inceneritore, impianto che da mostro orribile e contaminante diventa igienico e provvidenziale distruttore di contagi.
«Purtroppo gli inceneritori non bastano, soprattutto nel Mezzogiorno dove questi impianti sono una rarità — avverte Chicco Testa, esperto di ecologia e presidente dell’Assoambiente — e di conseguenza un gran numero di rifiuti e di mascherine sanitarie usate non vengono distrutti ma finiscono nelle discariche o, peggio, dispersi nell’ambiente».
Fra la leggerissima chirurgica da 3 grammi, la più spessa da 5 grammi, la maschera complessa da 30 grammi, contando anche i guanti, l’Ispra ha stimato per tutto il 2020 tra le 160mila e le 440mila tonnellate di nuovi rifiuti da smaltire. Se solo l’1% delle mascherine utilizzate in un mese venisse smaltito in maniera non corretta, si avrebbero 10 milioni di mascherine al mese disperse nell’ambiente. Il direttore dell’Ispra, Alessandro Baratti, ha spiegato durante un’audizione parlamentare che il problema non è rappresentato dalla quantità di nuovi rifiuti da smaltire ma che questi «devono terminare la loro esistenza negli inceneritori o nei termovalorizzatori».