«Chiudere così in blocco le scuole non è la migliore soluzione». Oltre che il premier Conte, ne sono convinti genitori e dirigenti scolastici. Dalle 7 di questa mattina sono quasi 14mila le firme raccolte su Change.org per chiedere la riapertura delle scuole in Campania. «Chiediamo che il ministero dell’Istruzione intervenga contro l’ordinanza della regione», recita l’appello della petizione. «Chiediamo che tutti gli studenti e studentesse della Regione Campania ritornino, con decorrenza immediata, a poter usufruire della didattica “in presenza” nel rispetto dei protocolli sanitari nazionali vigenti. La Campania non può e non deve restare il fanalino di coda in un settore chiave come l’istruzione».
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«Una decisione grave e sbagliata», ha tuonato la ministra Lucia Azzolina. «Chiudere le scuola può essere un’ipotesi, ma solo nel caso in cui tutte le altre siano state percorse. Un Paese non può decidere come prima cosa di sacrificare la scuola. La scuola è un elemento fondamentale, anche per il benessere e della salute dei ragazzi e delle ragazze», sottolinea il sottosegretario Zampa.
«La chiusura delle scuole è solo l’inizio. De Luca ha alzato bandiera bianca: sarà inevitabile un nuovo lockdown», ha dichiarato Luigi de Magistris, sindaco di Napoli a ‘The Breakfast Club’ su Radio Capital. «Basta dire che questa è una situazione inaspettata. È da giugno che aumentano i contagi. E De Luca non ha fatto niente: non ci sono medici o infermieri in più, niente tamponi o nuovi posti letto. Assistenza domiciliare completamente assente. Cosa è stato fatto in tutti questi mesi di proclami e lanciafiamme? È venuta fuori tutta l’inadeguatezza della sanità pubblica della regione. Gli ospedali sono già in tilt».
Oltre al braccio di ferro con la ministra Azzolina e il governo, il presidente della regione Campania Vincenzo De Luca deve ora anche fare i conti con la protesta di genitori e docenti che sono dati appuntamento sotto la Regione per protestare contro la sua decisione di fermare la didattica in presenza fino alla fine di ottobre. L’appuntamento è nato dal gruppo “Priorità alla scuola” che già durante il lockdown si era battuto contro la didattica a distanza. «Oggi è il giorno più buio per la scuola» è il testo di un manifesto che le donne hanno portato per protestare, insieme con i propri figli. Alla protesta si sono aggiunti gli autisti degli scuolabus rimasti di nuovo senza lavoro con la chiusura degli istituti dopo mesi di stop.
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«È una grave sconfitta per tutti. La pagheranno i ragazzi più fragili, quelli che non hanno una famiglia alle spalle che riesca a sostenerli anche nello studio. Una sconfitta, ma non si possono fare miracoli. Le scuole sono avvolte nel caos, tra gestione di casi Covid, tracciamenti dei compagni e degli insegnanti, difficoltà a contattare le Asl, famiglie pronte a qualsiasi tipo di rimostranza nei nostri confronti», commenta Angela Cambri, dirigente di un istituto comprensivo della provincia. Un’altra dirigente scolastica intervistata da La Repubblica afferma invece che i numeri dei contagi «nelle scuole sono sotto lo zero virgola. Sono assolutamente insignificanti. Non è nelle scuole che si diffonde il contagio». Per la preside si tratta di una pagliacciata: «Non serviva la risalita dei contagi per rendersi conto di cosa accade sui mezzi pubblici, e non può, la scuola, pagare lo scotto di altri disservizi».
«Le scuole non reggono. Non riusciamo a governare una precarietà “oraria”: le cose cambiano da un’ora all’altra, con classi in quarantena, docenti positivi, famiglie in fibrillazione, ritardi nelle comunicazioni da parte delle Asl. Classi aperte, classi chiuse, Dad, Did, problemi normativi. Se si voleva davvero far funzionare le scuole bisognava semplificare, eventualmente anche riducendo gli orari. Possibile che, ad esempio, le superiori debbano ora programmare l’alternanza scuola-lavoro? Manca il senso della realtà. E mancano docenti e bidelli», commenta il preside Mario Sironi.