La notizia dell’efficacia al 90% del vaccino contro il coronavirus sviluppato dall’americana Pfizer e dalla tedesca Biontech è «l’inizio della fine dei problemi» per il primo ministro britannico, Boris Johnson. Per lo meno, lo sarà per i Paesi che lo hanno prenotato: l’Italia come Paese comunitario, rientra negli accordi presi dall’Ue con le aziende produttrici. La presidente della commissione, von der Leyen, ha annunciato un contratto con Pfizer/BioNtech per l’acquisto di 200 milioni di dosi, con l’opzione per altri 100 milioni.
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L’arrivo delle prime dosi del vaccino è fissato per metà gennaio. Circa 3,4 milioni di dosi per 1,7 milioni tra medici, infermieri e ospiti delle Rsa – visto che il vaccino prevede due somministrazioni – secondo il piano che il governo sta sviluppando per l’inizio dell’immunizzazione nazionale, la più vasta mai fatta finora che coinvolge in accordo tutti i Paesi dell’Ue. Un piano su cui si è cominciato a lavorare in segreto dallo scorso 29 ottobre, dopo un incontro riservato in videoconferenza tra alti rappresentanti della società farmaceutica e il ministro della Salute Roberto Speranza. Tempi serrati per organizzare l’imponente logistica necessaria per trasportare, conservare e somministrare il vaccino.
Pfizer e il suo partner BioNTech hanno sollevato il sipario su quella che potrebbe diventare una svolta cruciale nella lotta alla pandemia. Il loro vaccino sperimentale, somministrato in due dosi e nella fase finale degli studi clinici, ha mostrato sulla base di dati preliminari un’efficacia superiore al 90% contro il Covid-19. Se continueranno a trovare conferme, questi risultati consentiranno alle imprese di chiedere un via libero straordinario per il vaccino alla authority Usa forse già entro la fine del mese. L’authority americana sui farmaci Food & Drug Administration aveva stabilito un criterio di efficacia del 50% per autorizzarli, l’europea Ema e la Oms si erano dette soddisfatte da percentuali anche inferiori.
Il candidato vaccino BNT162 sviluppato della società tedesca BioNTech utilizza l’Rna messaggero. Sarebbe il primo al mondo basato su questa tecnologia che utilizza le informazioni contenute nel nucleo del Sars-CoV-2 relative alla proteina Spike di cui il virus si serve per agganciare le cellule umane e penetrarle. Una volta inoculato il vaccino stimola la produzione di anticorpi contro questa proteina. L’efficacia, hanno spiegato da Pfizer e Biontech, è stata misurata paragonando l’effetto sui partecipanti contagiati a cui è stato iniettato il vaccino con quello di chi ha invece ricevuto la somministrazione di un placebo. Le fasi uno e due dei trial, nel corso dell’estate, avevano misurato la produzione di anticorpi nei volontari. La fase tre, la più lunga, è servita invece per calcolare l’efficacia che si attesta sul 90%.
Anche davanti a una possibile svolta, la campagna contro il coronavirus resta lunga e con sfide aperte su produzione e distribuzione dello stesso vaccino. Pfizer e BioNTech hanno indicato che potrebbero sfornare 50 milioni di dosi, sufficienti a immunizzare fino a 25 milioni di persone, entro fine anno, con 1,3 miliardi di dosi in arrivo nel 2021. Accanto a quella produttiva, esiste l’incognita logistica: il vaccino di Pfizer richiede temperature bassissime per conservazione e trasporto. La strada, dunque, che porta a metà gennaio 2021 è tortuosa e piena di ostacoli, tanto per i tempi strettissimi dettati dai numeri imponenti di ricoveri e contagi in Italia e in Europa, quanto per le possibili decisioni tutt’altro che semplici dovranno esser prese dal governo perché quei numeri non crescano ulteriormente, sottraendo risorse preziose per l’organizzazione della vaccinazione su larga scala. Al piano parteciperà la sanità militare che curerà buona parte degli aspetti logistici, dal trasporto all’allestimento delle strutture per la somministrazione, con il coinvolgimento del commissario all’emergenza Domenico Arcuri.