In attesa del vertice a Palazzo Chigi tra Giuseppe Conte e i capidelegazione della maggioranza, saltato per l’assenza del ministro Teresa Bellenova (Iv), si vanno delineando due scenari sulle ulteriori misure anti-Covid da adottare nel periodo delle festività natalizie. Il più probabile prevede l’istituzione di una zona rossa per i giorni festivi e prefestivi: i giorni “rossi” sarebbero dunque 24, 25, 26, 27, 31 dicembre e 1, 2 e 3 gennaio. La seconda opzione parla invece di una probabile zona rossa nazionale solo nei giorni di festa.
Il primo scenario prevede di intervenire con misure rigorose nei giorni festivi e prefestivi dal 24 dicembre al 3 gennaio. Un vero e proprio lockdown. Chiusi ristoranti e bar. Chiusi i negozi. Vietati i movimenti non essenziali, anche all’interno del comune di residenza. Obbligo di autocertificazione e controlli per strada. Bandite feste e cenoni, ma anche il pranzo fuori dal proprio nucleo convivente. Con due deroghe, comunque stringenti: è possibile allargare gli incontri di famiglia al massimo a due “congiunti stretti”, ad esempio genitori anziani, con la raccomandazione della mascherina. E sarà consentito celebrare le messe, rispettando alcuni limiti orari già in vigore per il coprifuoco. Resterebbero esclusi il 28, 29 e 30 dicembre, giorni in cui si applicherebbero le regole della zona gialla o della zona arancione a seconda della regione di appartenenza. Questa l’ipotesi più accreditata su cui stanno ragionando Pd e i ministri “rigoristi”.
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Nel secondo scenario, quello perorato principalmente dal premier Conte, l’Italia sarebbe in zona rossa solo il 25, 26, 31 dicembre e l’1 gennaio. Il presidente del Consiglio è ostile alla zona rossa, ostile a un blocco lungo del Paese, ostile pure a nuovi limiti per fermare il previsto esodo del 19-20 dicembre. Le prenotazioni sono in piedi, sostiene il capo dell’esecutivo, le ferie programmate, non possono essere fermate. Eppure, la media dell’ultima settimana parla di 634 morti e i contagi sembrano in risalita.
Il tempo tuttavia stringe, tanto che fonti di governo spiegano come, a questo punto, sia davvero difficile che le nuove norme possano essere definite prima di 24 ore. Con i “rigoristi” Franceschini, Boccia e Speranza si battono per misure da “zona rossa” continue e la linea più prudente del premier, sostenuto dal M5s, nel volere un intervento più limitato. Sul tavolo finiscono ragioni e toni degli scontri più duri: la responsabilità pesante da assumersi di fronte al Paese, gli ospedali al collasso, l’impossibilità di curare tutti i malati a cui servono le terapie intensive, il rischio di complicare la campagna vaccinale, la necessità di non riaprire le scuole in presenza il 7 gennaio, ma anche crisi economica e rabbia sociale. «Abbiamo il dovere di intervenire oggi senza esitazioni – è la linea di Franceschini – per salvare vite umane domani».
E’ tempo di scelte rigorose di Governo e Parlamento: solo regole più restrittive durante le festività potranno evitare una terza ondata di contagi. Per noi che abbiamo responsabilità istituzionali è un dovere intervenire oggi senza esitazioni per salvare vite umane domani. pic.twitter.com/KYqzXfRLRL
— Dario Franceschini (@dariofrance) December 16, 2020
Tutta la discussione parte dal parere dato martedì dal Comitato tecnico scientifico, che a sua volta si è spaccato sulla possibilità o meno di fornire indicazioni specifiche sulle misure da intraprendere. Dal vertice con le Regioni è invece arrivata la spinta alla linea più dura: il presidente del Veneto Luca Zaia, insieme ai rappresentanti di Lazio, Friuli-Venezia Giulia e Molise, ha chiesto la zona rossa per il Natale. «Nel periodo delle festività servono restrizioni massime, se non le fa il governo le facciamo noi – ha detto Zaia – Se non chiudiamo tutto adesso ci ritroveremo a gennaio a ripartire con un plateau troppo alto».