Con il 2020 si chiude l’estenuante maratona negoziale e politica apertasi dopo il referendum del 2016 sulla Brexit. Si chiude grazie all’accordo raggiunto in extremis alla vigilia di Natale che ha ricevuto i via libera, dal Parlamento britannico e dall’Ue, a poche ore dalla fine del periodo di transizione. Ma questo comporterà alcuni cambiamenti anche nelle abitudini di vita degli europei e degli italiani. La svolta più immediata riguarderà, in senso più severo e restrittivo, le regole sugli spostamenti. Sarà necessario il passaporto (senza visto) per viaggiare nel Regno Unito e restarci fino a tre mesi. Per un periodo più lungo, nel caso in cui si intenda soggiornare per ragioni di lavoro o di studio, occorreranno invece visti analoghi a quelli richiesti attualmente agli stranieri non comunitari.
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Fino al 1° ottobre 2021 non cambierà nulla, a livello di documenti, per entrare nel Regno Unito da turisti. Anche dopo il «divorzio», i viaggiatori italiani e quelli degli altri Paesi europei non avranno infatti bisogno del visto: per entrare in Uk basterà il passaporto o anche soltanto la carta di identità. Da ottobre invece il passaporto è obbligatorio (con validità di almeno 6 mesi). Non si potrà restare per più di tre mesi. Anche i bambini e i ragazzi che viaggiano nel Regno Unito per corsi di lingua e vacanze studio avranno bisogno di un passaporto.
Ma non finisce qui. Per limitare gli ingressi, anche dall’Ue, vengono introdotte liste di priorità legate al possesso di un contratto di lavoro già garantito, con un salario minimo annuo lordo da 25.600 sterline (oltre 28.000 euro). Il tutto all’interno di un sistema di filtro degli ingressi a punti in cui si valuterà fra l’altro il livello delle proprie specializzazioni e la padronanza della lingua inglese. Quanto a coloro che sono già residenti sull’isola (circa 4 milioni di europei, di cui oltre 700.000 italiani), il mantenimento dei diritti pre-Brexit resta soggetto all’iscrizione, al più tardi entro giugno 2021, nel registro del cosiddetto ‘Eu Settlement Scheme’, istituito in forma digitale presso l’Home Office a tutela di un trattamento equiparato a quello dei cittadini britannici.
E i cambiamenti sono destinati a coinvolgere anche chi vorrà frequentare le università britanniche. Dal 1 gennaio 2021 gli studenti europei che vogliono andare a studiare in Gran Bretagna dovranno chiedere il visto e affrontare rette universitarie doppie: fino a 30 mila euro l’anno, perché saranno portate in linea con quanto già pagano gli studenti extra-europei. Non solo: tra visto e assicurazione sanitaria, il conto salirà di ulteriori mille euro all’anno per gli studenti europei. Il visto studentesco può durare fino a cinque anni e, dopo il conseguimento della laurea, si potrà rimanere in Uk per altri due anni (per laureati) o tre anni (dottori di ricerca) per trovare lavoro.
Gli studenti italiani ed europei non potranno più fare l’Erasmus nel Regno Unito: con le nuove regole saranno costretti a iscriversi alle costose università britanniche per fare la stessa esperienza che il programma europeo consentiva di fare gratuitamente. Il premier britannico Boris Johnson ha promesso il lancio di «Alan Turing» (dal nome dello scienziato considerato il padre della moderna informatica), un nuovo programma mondiale del valore di 100 milioni di sterline che dovrà sostituire per Londra l’Erasmus.
Infine c’è la questione del roaming telefonico che riguarda soprattutto chi vorrà recarsi nel Regno Unito per turismo. Fino ad oggi infatti i cittadini italiani hanno potuto usare i loro piani tariffari come se fossero in Italia grazie ad una legge europea entrata in vigore tre anni fa. Con la Brexit le cose cambieranno, a meno di accordi nei prossimi mesi, e chi possiede sim italiane dovrà fare riferimento al proprio operatore telefonico circa gli addebiti roaming.