«I casi di persone infettate dal Covid-19 dopo la somministrazione della prima dose del vaccino non devono preoccupare». Ad assicurarlo è il presidente del Consiglio superiore di sanità, Franco Locatelli: «Negli articoli scientifici è chiaramente riportato che anche negli studi clinici si sono infettate persone dopo la prima dose proprio perché la risposta immunitaria non è ancora completamente protettiva. Lo diventa soltanto dopo la seconda dose. Questa è una delle ragioni per non abbandonare comportamenti responsabili dopo essere stati vaccinati». Per l’immunità, quindi, bisogna aspettare la seconda dose del vaccino e, come avviene per tutti i vaccini, l’immunizzazione non avviene nell’immediato ma necessita di qualche giorno.
Il caso da cui nasce la necessità di una precisazione è quello di una dottoressa che lavora all’ospedale Umberto I di Siracusa: si era sottoposta al vaccino anti-Covid sei giorni fa, dopo alcuni giorni ha scoperto di essere positiva al coronavirus. Era già accaduto a un infermiere americano, che il 26 dicembre è risultato positivo a Sars-CoV-2 a più di una settimana dalla prima iniezione e dopo aver prestato servizio in un’unità Covid.
La Pfizer ha fatto sapere che «il vaccino offre una certa protezione entro circa dieci giorni dalla prima dose e si rafforza significativamente dopo la seconda somministrazione. La persona potrebbe aver contratto la malattia prima o subito dopo la vaccinazione». La piena efficacia (95%) si raggiunge a una settimana di distanza dalla seconda dose, che va fatta dopo tre settimane dalla prima. La protezione immunitaria è completa solo dopo la somministrazione dei due flaconi, conferma il Consiglio superiore di sanità, quindi a circa un mese dalla prima dose.
La formazione della memoria immunitaria è un processo complesso, che avviene in più tappe. «La funzione del vaccino è indurre alcune delle nostre cellule a produrre la proteina spike del coronavirus» spiega Andrea Cossarizza, immunologo dell’università di Modena e Reggio Emilia. La spike è la punta della corona del coronavirus ed è la parte che il nostro sistema immunitario impara a riconoscere e bloccare per frenare l’infezione. «La produzione e il riconoscimento della spike nel nostro organismo è solo la prima fase dell’attivazione del sistema immunitario, e da sola richiede alcuni giorni». Quando la spike viene riconosciuta dal sistema immunitario, c’è una prima fase di attivazione. «I linfociti B cominciano a produrre anticorpi, che compaiono circa dieci giorni dopo il vaccino» prosegue Cossarizza. «Si chiamano IgM e sono ancora piuttosto “grezzi”. Si dice che sono anticorpi poco affini. Si comportano come una chiave capace di girare in molte serrature, ma non troppo efficiente. Dopo dieci giorni inizia una nuova fase di attivazione: il cosiddetto “switch di classe”. I linfociti B iniziano a produrre anticorpi di classe diversa, le IgG, molto più affini».
Nemmeno l’arrivo dei primi anticorpi IgG, a partire dal decimo giorno dopo il vaccino, indica che la protezione è veramente efficace. «I linfociti B e anche quelli T iniziano a subire un processo di affinamento che li rende sempre migliori – spiega Cossarizza. – I linfociti B subiscono una serie di mutazioni casuali che ne migliorano la qualità. Quindi solo quelli più affini alla spike vengono mantenuti e proliferano diventando molto numerosi». Tramite un processo di selezione naturale, con il tempo il sistema immunitario si dota di una popolazione di anticorpi sempre più affine al coronavirus ed efficiente: tre settimane dopo la prima dose, con la formazione di anticorpi IgG, si ha già una protezione attorno al 70%. «La seconda dose fa sì che il processo di attivazione del sistema immunitario si ripeta – spiega Cossarizza – Ma stavolta partendo direttamente dalle IgG e in modo ancora più efficiente». Una settimana dopo la seconda dose l’efficacia è finalmente massima.
Per quanto tempo dureranno gli anticorpi e la protezione del vaccino resta una domanda aperta. Secondo quanto osservato finora lo scudo rappresentato dagli anticorpi neutralizzanti contro la proteina spike è garantito per alcuni mesi. È però necessario aspettare ulteriori studi per capire se i diversi vaccini possano offrire una copertura prolungata o vadano ripetuti ogni anno come l’antinfluenzale. Per raggiungere l’immunità di gregge secondo gli esperti è necessario vaccinare il 70% della popolazione: in Italia 42 milioni di persone.