Ventiquattro ore per far decantare il colpo assestato da Matteo Renzi e permettere ai partiti di maggioranza di ragionare sul da farsi. Ma in casa dem prevale la preoccupazione: la maggioranza dopo lo strappo con Renzi non esiste più, i cosiddetti responsabili non ci sono, quindi è reale il rischio di elezioni anticipate a giugno. Le opposizioni intanto hanno chiesto la sospensione dei lavori dell’Aula della Camera e sollecitano la presenza del Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, per comunicazioni sulle dimissioni dei ministri Iv.
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Ieri sera il leader di Italia Viva Matteo Renzi ha aperto la crisi di governo annunciando le dimissioni delle due ministre del suo partito Elena Bonetti (Pari opportunità) e Teresa Bellanova (Politiche agricole) e del sottosegretario Ivan Scalfarotto. Ma di fatto ha lasciato aperte molte possibilità sugli scenari futuri, sui quali c’è una grande incertezza e che al momento vanno da un terzo governo Conte con la stessa maggioranza a un nuovo presidente del Consiglio con una maggioranza diversa.
Conte, preso atto della mossa di Renzi, potrebbe salire al Quirinale e presentare le dimissioni. È quanto gli chiede di fare il centrodestra, che vorrebbe che le dimissioni arrivassero già oggi o che, in alternativa, Conte si presentasse subito in Parlamento per riferire sulla situazione. Le dimissioni potrebbero però essere respinte dal Quirinale, che potrebbe affidargli un reincarico per prendere tempo e negoziare.
Conte, in seconda istanza, potrebbe salire al Quirinale per chiedere tempo e ottenere il mandato a cercarsi una maggioranza solida. È a questo punto che potrebbero manifestarsi nuovi gruppi pronti a sostituire i 18 senatori di Renzi e garantire qualche mese di sopravvivenza al Conte ter. Al momento, però secondo quanto detto da Renzi e da fonti del Pd, i margini per questa operazione sembrano ristretti.
Conte potrebbe, invece, chiedere la fiducia in Aula, sfidando Renzi. Conte potrebbe scegliere di percorrere questa strada se avesse trovato il sostegno dei «responsabili»: ma questa opzione potrebbe far storcere il naso a Mattarella, il quale ha sempre evocato il bisogno di «maggioranze solide e con un perimetro ben chiaro».
Conte potrebbe anche prendere tempo, assumendo l’interim dei ministeri di Bellanova e Bonetti (Agricoltura e Famiglia) e insistendo per qualche giorno sul negoziato fra le parti in causa. La ragione formale potrebbe essere quella di completare l’iter parlamentare del Recovery plan. Basterebbe però una mozione di sfiducia presentata dalle opposizioni per decretare la fine del Conte bis. In questo caso, si aprirebbero le consultazioni. L’attuale maggioranza potrebbe provare a coalizzarsi dietro a nomi diversi da quello di Conte.
E se l’attuale maggioranza non trovasse un accordo su un nome? A questo punto il Quirinale potrebbe affidare un incarico per un «governo di salute pubblica» (i nomi che si fanno sono quelli di Marta Cartabia, ex presidente della Corte Costituzionale; dell’economista ed ex commissario alla Spending review Carlo Cottarelli; di Mario Draghi, ex presidente della Bce e della Banca d’Italia) per arrivare alla fine della legislatura, o per un «governo elettorale»: pochi mesi, per portare il Paese al voto anticipato tra maggio e giugno, prima che scatti il semestre bianco (come viene chiamato il semestre che precede l’elezione del nuovo capo dello Stato).