Settimana cruciale per il governo Conte, che si trova a un bivio: tentare il tutto per tutto nell’ostica aula del Senato o dare le dimissioni e puntare al reincarico per la formazione di un Conte-ter. Dopo aver ottenuto una precaria fiducia al Senato, il governo guidato dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte rischia di andare in minoranza sul voto sull’annuale relazione del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede previsto per mercoledì. Dalle stime emerse finora, al Senato il governo potrebbe ricevere meno voti rispetto ai 156 ottenuti la settimana scorsa, e quindi la maggioranza sta valutando soluzioni da percorrere nei prossimi giorni. La più accreditata è quella di «governo di salvezza nazionale», che non sarebbe altro che un Conte-ter, basato su una maggioranza allargata a pezzi dell’area moderata del centrodestra e di cui farebbe parte anche Italia viva di Matteo Renzi. In questi caso il premier Conte dovrebbe decidere di salire al Quirinale per formalizzare la crisi prima del voto in Parlamento sulla relazione annuale del ministro della Giustizia.
Conte non sembra avere molte alternative. Al Senato i numeri per Bonafede sono così risicati che rischierebbero di azzoppare il capodelegazione dei grillini al governo, e al tempo stesso di indebolire ulteriormente il presidente del Consiglio, che si ritroverebbe con un sostegno inferiore a quello ottenuto sulla fiducia. Bonafede è infatti uno dei ministri più controversi del governo, e il suo approccio giustizialista è sgradito non solo all’opposizione di centrodestra e di destra ma anche ai partiti di centro, nonché a un pezzo del centrosinistra. Sembra che Bonafede voglia smorzare alcuni passaggi del discorso, e collegarlo strettamente alla questione dei fondi europei del Recovery Fund, per rendere più difficile ai senatori indecisi un voto contrario.
Già alcuni senatori che la settimana scorsa avevano votato la fiducia al governo hanno detto o almeno lasciato intendere che voteranno contro la relazione di Bonafede, o che si asterranno: sono il leader del Partito Socialista Riccardo Nencini, Pier Ferdinando Casini di Centristi per l’Europa e Sandra Lonardo del Gruppo Misto. Al voto potrebbero poi mancare le senatrici a vita Elena Cattaneo e Liliana Segre, che la scorsa settimana avevano partecipato e votato la fiducia al governo. I 156 voti del governo al Senato, già meno della maggioranza assoluta, potrebbero essere insomma 151, e forse persino di meno. Non si sa ancora cosa farà Italia Viva, che ha detto che ascolterà la relazione ma che difficilmente la sosterrà: al voto di fiducia si era astenuta.
Visti i numeri quindi ci si aspetta che almeno al Senato la relazione di Bonafede possa essere bocciata. Così Conte e i suoi starebbero cercando altre soluzioni per evitare di cadere sul voto a Palazzo Madama. Il piano originario del governo di allargare la maggioranza coinvolgendo senatori “volenterosi” non sembra aver funzionato. Per questo, secondo i retroscena e le cronache politiche, una parte di maggioranza starebbe insistendo per riaprire le trattative con Renzi e Italia Viva, che avrebbero i numeri per tenere in piedi il governo. L’altro scenario raccontato dai giornali è più drastico. Conte starebbe valutando di dimettersi innescando una “crisi pilotata”, cioè una crisi il cui sviluppo è di fatto concordato in partenza. Avendo attualmente la fiducia al Senato, e anticipando l’eventuale sconfitta in aula sulla relazione di Bonafede, Conte si dimetterebbe ragionevolmente sicuro che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella gli riaffiderebbe l’incarico. A questo punto, con condizioni di partenza un po’ diverse rispetto a quelle attuali, dovrebbe provare a coinvolgere altre parti politiche in una nuova maggioranza, con l’obiettivo di formare il suo terzo governo. Dando per scontata la contrarietà di Lega e Fratelli d’Italia, dovrebbe invece materializzarsi l’appoggio al progetto dei centristi, in attesa che anche un pezzo di Forza Italia aderisca.