Ormai viene chiamata «la guerra dei vaccini»: una sfida tra le potenze per accaparrarsi le forniture di antidoti per il Covid. America contro Europa, Londra contro Bruxelles: tutti alla ricerca di quantità massicce di dosi per fronteggiare la pandemia. Una partita sempre più tesa, dopo che Astrazeneca, l’azienda farmaceutica con base in Gran Bretagna che ha sviluppato il vaccino in collaborazione con l’università di Oxford, ha annunciato un taglio alle prime consegne previste per febbraio.
Pharmaceutical companies and vaccine developers, have moral, societal and contractual responsibilities which they need to uphold.
The view that the company is not obliged to deliver is neither correct nor acceptable. pic.twitter.com/8lFPZ9TU6o
— Stella Kyriakides (@SKyriakidesEU) January 27, 2021
L’Ue chiede ad AstraZeneca di rispettare i tempi di consegna pattuiti, per consentire agli Stati di programmare le campagne vaccinali. Lo scorso venerdì, AstraZeneca aveva però annunciato una riduzione del 60% delle consegne nel primo trimestre del 2021: un taglio che renderebbe enormemente più complicato, per i Paesi Ue, arrivare rapidamente a una vaccinazione di massa. La commissaria alla salute Stella Kyriakides ha definito «inaccettabile» la posizione dell’azienda.
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«Non c’è alcun obbligo verso l’Unione europea. Nel nostro contratto c’è scritto chiaramente: “best effort”, ossia “faremo del nostro meglio”. E in questo momento nemmeno una parte delle forniture di vaccini anti-Covid destinate al Regno Unito può essere dirottata verso i Paesi dell’Unione, perché l’accordo con il governo Johnson è stato raggiunto tre mesi prima», ha chiarito Pascal Soriot, amministratore delegato della casa farmaceutica AstraZeneca. La sua versione, confermata da Downing Street, viene però contestata da Bruxelles, che a questo punto – spiegano all’Ansa fonti Ue – chiede lo svincolo dalla clausola di segretezza per poter pubblicare il contratto. In particolare, le fonti chiariscono che non è previsto che la produzione delle dosi per l’Ue debba essere limitata alla fabbrica in Belgio, ma può avvenire anche nel Regno Unito.
Soriot, intervistato da Repubblica, respinge i sospetti avanzati nei giorni scorsi dalla Commissione europea, che teme alcune dosi destinate ai Paesi Ue siano finite altrove e per questo vuole istituire un registro di trasferimenti dei vaccini fuori dall’Unione: «Non dirottiamo certo i vaccini degli europei verso altri Paesi. Sarebbe illogico e controproducente da parte nostra». AstraZeneca, promette il suo amministratore delegato, ha l’obiettivo di «recapitare all’Ue 17 milioni di dosi entro la fine di febbraio. Di queste, 2,5 circa in Italia». Prima, però, manca l’autorizzazione da parte dell’Ema.
«La produzione del nostro vaccino – spiega Soriot – è composta da due fasi: una è la creazione del principio attivo in due stabilimenti in Belgio e Paesi Bassi, l’altra è la resa in farmaco, in due centri in Germania e Italia, ad Anagni, dove state facendo uno straordinario lavoro. Le difficoltà nascono nella prima fase. Alcuni siti generano più “raccolto”, altri meno, come purtroppo accaduto in Europa. Queste disfunzioni capitano quando si aumenta la produzione a centinaia di milioni di dosi di un nuovo vaccino. Abbiamo due mesi di ritardo, ma risolveremo questi problemi». Secondo Soriot, «al momento, all’Europa va il 17% della produzione totale del nostro vaccino nonostante gli europei siano il 5% della popolazione mondiale. E poi questo è un vaccino no profit per noi. Non ne ricaviamo un soldo».
Fonti Ue hanno però negato che questo sia corretto. «Gli sviluppatori dei vaccini hanno obblighi morali e contrattuali, il “massimo sforzo possibile”» citato dall’azienda «non è né accettabile né corretto», ha detto la commissaria alla salute Stella Kyriakides. «Abbiamo firmato un contratto di pre-acquisto per far sì che producessero determinati volumi di vaccini prima dell’autorizzazione dell’Ema. Rigettiamo la logica del “chi arriva prima”, non c’è clausola di priorità nel contratto di pre-acquisto». Il suo intervento è sulla scia delle parole pronunciate dalla presidente Ursula von der Leyen durante il World Economic Forum di Davos:«Da tempo l’Unione ha sostenuto con fondi consistenti il potenziamento delle ricerche e delle strutture per la produzione dei vaccini. Abbiamo investito miliardi per aiutare a sviluppare i primi antidoti e creare un bene comune a livello globale. Ora le aziende devono rispettare le consegne».