L’India è uno dei paesi più popolosi del mondo ma la sua storia lascia ben sperare: nelle ultime settimane i nuovi positivi sono circa 10 mila contro gli oltre 100mila che si registravano a metà settembre del 2020. Nelle grandi città – come la capitale Nuova Delhi, Mumbai e Pune – la quantità di malati di Covid ricoverati negli ospedali è diminuita, così come il numero di ricoveri nelle unità di terapia intensiva. L’impressione è che la pandemia stia iniziando a rallentare in uno dei paesi più popolosi al mondo e che si temeva potesse patire più di altri gli effetti del coronavirus.
Il Financial Times ha dedicato un lungo articolo al caso dell’India, chiedendosi se il miglioramento degli ultimi giorni sia uno dei primi indizi del raggiungimento della cosiddetta “immunità di gregge”. Secondo uno studio del Council of Medical Research indiano, riportato dal Corriere della Sera, il 25% degli abitanti sarebbe stato finora infettato, 335 milioni. Con ogni probabilità, dicono gli scienziati, ciò significa che in alcune zone si è raggiunta o si è vicini a raggiungere l’immunità di gregge, cioè la quota di persone contagiate, con sintomi o meno, oltre la quale il virus va a spegnersi sbattendo contro un muro di individui immuni. Statistiche sui test sierologici indicano che a Delhi tra il 45 e il 50% degli abitanti è stato contagiato, a Mumbai il 57%, a Pune l’85%, a Kolkata più del 30%, nell’intero Karnataka, lo Stato di Bangalore, il 44%.
L’immunologo Satiajit Rath, dell’Istituto Nazionale di Immunologia, dice che la prima spiegazione sta probabilmente nelle «affollate località cittadine», nelle quali nei mesi scorsi il virus ha potuto correre più che altrove. Una seconda sta nel fatto che il Paese è povero e molti non hanno potuto lavorare da casa. Mantenere il distanziamento non è sempre facile e le norme igieniche non sono sempre rispettate. In più, la popolazione è molto giovane, il 50% ha meno di 25 anni e gli ultra 65enni sono solo il 6,5% del totale: probabilmente, molti sono stati infettati senza accorgersene. La campagna di immunizzazione è partita il 16 gennaio e interesserà per ora solo i 30 milioni di operatori della sanità. Quindi il calo dei contagi non ha nulla a che fare con i vaccini.
Dall’inizio della pandemia, in India sono stati rilevati 10,8 milioni di casi positivi, il dato più alto a livello globale dopo gli oltre 26 milioni di casi rilevati negli Stati Uniti. Gli esperti concordano però sul fatto che il dato ufficiale sottostimi enormemente la reale diffusione del coronavirus in quanto sono pochi i test che si eseguono in rapporto alla popolazione. Solo i casi più gravi, che richiedono un ricovero in ospedale, vengono effettivamente tracciati. Anche il dato sui decessi in India dall’inizio della pandemia presenta probabilmente gli stessi problemi. Secondo le statistiche ufficiali, a causa della Covid-19 sono morte 154mila persone, ma gli esperti e le autorità sanitarie sono consapevoli che il dato sottostima la realtà, e di molto. A causa della scarsità di strutture ospedaliere, soprattutto nelle aree rurali, la maggior parte degli indiani muore in casa, ed è quindi impossibile accertare in modo preciso la causa del decesso.