Due parole di saluto consegnate ai cronisti che lo aspettano sotto casa, le prime pronunciate dopo aver accettato l’incarico. Il resto è riserbo assoluto. Mario Draghi lavora per definire la sua squadra di governo prima di tornare al Quirinale da Sergio Mattarella per sciogliere la riserva. Ma al momento non è chiaro neppure quale sarà la formula adottata. Sicuramente qualcosa di diverso rispetto agli ultimi governi e ai gabinetti tecnici di Carlo Azeglio Ciampi, Lamberto Dini e Mario Monti. Il metodo utilizzato finora è l’applicazione letterale dell’articolo 92 della Costituzione: «Il Presidente della Repubblica nomina il presidente del Consiglio dei ministri e su proposta di questo, i ministri».
Ascoltando tutte le forze politiche e non solo, ma respingendo ogni suggerimento sulla composizione della maggioranza ed evitando di parlare della squadra di governo, Draghi aveva fatto intendere alle forze politiche che stava per iniziare «un’altra epoca». La novità non sarà legata al dosaggio tra tecnici e politici di cui si comporrà il suo esecutivo. Non si ritroverà neppure nel numero di ministri che ne faranno parte, una ventina. Le differenza sta nella volontà del premier incaricato di presentarsi con il suo programma solo quando entrerà in Parlamento e nella decisione di scegliersi la squadra senza la mediazione dei partiti.
La particolarità del metodo Draghi, destinato a diventare un classico della scienza politica, è strettamente legato alla sua personalità pubblica: poche parole, e sempre ben mirate. Quindi nessuna sorpresa, almeno per lo chi conosce e lo segue da anni, se non è trapelato niente dagli incontri. Unica eccezione per l’istituzione del ministero della transizione ecologica: una fuga di notizie funzionale evidentemente allo scopo del momento che era il sostegno del M5s. Durante gli incontri ascoltava, scriveva, registrava. Per poi prendersi del tempo per riflettere e fare le sue scelte.
Una volta assodato il sostegno dei partiti, il lavoro di Draghi in queste ore è concentrato sui nomi dei ministri che entreranno nell’esecutivo. Innanzitutto si dovrà capire in che rapporto saranno tecnici e politici: i primi dovrebbero essere destinati ai ministeri più di snodo e saranno ovviamente persone di cui Draghi ha apprezzato curriculum e operato, mentre i secondi dovranno comunque avere competenze da mettere in campo. Molti potrebbero essere i politici che occuperanno le caselle di seconda fila, viceministri e sottosegretari. Sicuramente un obiettivo dell’ex presidente Bce è un rapporto di genere adeguato a standard europei. E infine c’è il tema del rapporto tra continuità e discontinuità con i due governi politici di questa legislatura, ci dovrà essere qualche novità ma ci potrà essere qualche conferma e qualche ritorno. «Sceglierò i migliori» ha assicurato Draghi ai partiti durante le consultazioni, e ai partiti il premier incaricato dovrebbe annunciare la lista prima di salire al Quirinale. La riserva potrebbe essere sciolta già nella giornata di oggi.