Il buco e l’acqua. Il Tar del Lazio ha ricomposto la querelle che ha visto opposti per qualche settimana il Comune di Roma – X Municipio (Ostia, per intenderci) e 37 stabilimenti balneari che contestavano il bando per la riassegnazione delle loro concessioni balneari in scadenza al 31 dicembre 2020. L’hanno spuntata i “balneari”, ma partiamo dall’inizio.
La Legge Regione Lazio n. 13 del 6 agosto 2007 ha affidato ai comuni costieri, tra i quali Roma, i compiti concernenti il rilascio, il rinnovo e la revoca delle “concessioni demaniali marittime per scopo turistico-ricreativo” (le concessioni per gli stabilimenti balneari, per intenderci).
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La Legge Regionale Lazio n. 8 del 26 giugno 2015, concernente l’organizzazione del sistema turistico laziale ha imposto ai comuni costieri di attivare procedure di “gara” per il rilascio di nuove concessioni per stabilimenti balneari, nonché di occuparsi dei procedimenti di “subingresso” di nuovi soggetti nelle concessioni già rilasciate. Il Municipio Roma X, nel quale ricade il litorale di Ostia, esercita le sue funzioni su 70 stabilimenti balneari, le cui concessioni scadevano il 31 dicembre 2020.
Questa circostanza aveva indotto il Comune ad attivare una procedura di “gara”, per scegliere i nuovi concessionari. La scelta di così procedere era perfettamente aderente alle disposizioni in materia di tutela della concorrenza, parità di trattamento, trasparenza e divieto di discriminazione stabiliti dalla Legge Regione Lazio n. 13/2007 ed era anche rispettosa dei principi della direttiva Bolkestein (direttiva 2006/123/CE, art. 12). La “gara” in questione avrebbe portato all’aggiudicazione di concessioni annuali, la cui durata non sarebbe stata eccedente il 30 settembre 2021 (una sola stagione balneare) ed avrebbe portato all’apertura delle spiagge di Ostia ad un rinnovato regime di concorrenza.
L’iniziativa, però, non è stata condivisa dal Tar Lazio, che, con ordinanza 836 del 10 febbraio 2021 (ed altre consimili), ha fissato al 22 settembre 2021 l’udienza pubblica di discussione del ricorso avverso il bando per l’affidamento di 37 concessioni “balneari”. Formalmente il bando in questione non è sospeso, ma ovviamente è quasi impossibile pensare che il Municipio prosegua nella sua iniziativa, con il che, almeno per la stagione entrante, troveremo gli stessi gestori degli stabilimenti balneari ad accoglierci sul litorale romano. Si vedrà, dopo il 22 settembre 2021, se il Comune proverà a riproporre il suo bando per le prossime stagioni balneari..
Non solo Roma. Il caso di Ostia ha “fatto rumore” sulla stampa locale. Ma nella stessa situazione di Roma si trovano anche altri comuni costieri laziali e non, che, proprio in queste settimane, stanno intraprendendo l’analisi delle domande di condono avanzate dai gestori degli stabilimenti balneari che non hanno pagato i canoni concessori.
Il pronunciamento del Tar finirà, molto probabilmente, per orientare la prassi amministrativa: nessun comune laziale avvierà facilmente procedure di gara per la scelta dei nuovi concessionari (per quale motivo rischiare un ricorso?). D’altronde, proprio la Regione Lazio, con una mozione del 3 febbraio scorso, si è fatta “paladina” dell’estensione della durata delle concessioni demaniali fino al 2033, a dispetto delle regole di concorrenza.
Parallelamente al procedimento svolto dinanzi al Tar, il consiglio di Stato ha pronunciato un’altra importante ordinanza, con la quale ha – probabilmente – messo la parola “fine” alle speranze di un regime concorrenziale nel settore del turismo balneare.
Con ordinanza 643 del 12 febbraio 2021, la Sezione V ha confermato in sede cautelare la sentenza del Tar Lecce che aveva affermato il principio per cui “la norma nazionale, ancorché in conflitto con quella euro-unionale, risulti pertanto vincolante per la pubblica amministrazione”, finendo con il sancite l’estensione della durata delle concessioni balneari fino al 2033.
Simili scelte di campo certamente non saranno favorevolmente valutate nella procedura di infrazione avviata il 3 dicembre 2020 dall’Unione Europea nei confronti dell’Italia per aver prorogato le concessioni balneari fino al 2033 ed aver vietato di avviare procedimenti pubblici di selezione per l’assegnazione di concessioni.
Tarpare le ali alla concorrenza non è mai una buona idea e tantomeno è una scelta idonea a gettare le basi per il rinnovo del tessuto imprenditoriale. Finisce per essere una scelta contraria agli interessi dei giovani interessati ad entrare in un determinato settore di mercato. E’ possibile, quindi, che la procedura di infrazione sfocerà in una sanzione per l’Italia, sanzione che sarà, poi, pagata dagli italiani sotto forma di tasse, accise sulla benzina, ecc..
Difficile, però, che l’italiano medio si ponga il problema del perché pagherà più cara la benzina che gli serve per arrivare al solito stabilimento balneare; in fin dei conti, basta ca ce sta ‘o mare.