L’effetto varianti pesa sulle nuove regole per le riaperture legate al virus. Contrariamente alla scaletta di marcia della scorsa settimana, il calendario relativo al riavvio di alcune attività e ai potenziali allentamenti ha subito variazioni e rinvii. A partire dagli impianti sciistici. Il primo atto del ministro Roberto Speranza nel governo di Mario Draghi scatena la rivolta delle regioni e una bufera politica dentro la nuova maggioranza. Gli impianti sciistici, che dovevano riaprire oggi nelle zone gialle, resteranno chiusi fino al 5 marzo, giorno di scadenza dell’ultimo Dpcm firmato da Giuseppe Conte.
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L’ordinanza del titolare della Salute, che si è confrontato con la ministra degli Affari regionali Mariastella Gelmini, traccia una linea di continuità con l’esecutivo precedente, dove la lotta alla pandemia è stata improntata alla cautela e al rigore. Una decisione che fa discutere perché arriva solo poche ore prima della riapertura. «C’è molta rabbia non nel merito in sé della decisione perché non siamo scienziati e al primo posto verrà sempre la tutela della salute. Ma quello che è accaduto spero sia l’ultima volta perché non è più tollerabile», afferma Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia-Romagna e della conferenza delle Regioni. La Lega chiede «un cambio di squadra» dei tecnici della Salute. I capigruppo Molinari e Romeo accusano il «trio Ricciardi—Arcuri—Speranza» e dicono basta col «metodo Conte». Un terremoto politico e l’epicentro è in alta quota, sulle piste da sci.
«Le varianti preoccupano, l’attenzione deve restare altissima», raccomanda il ministro della Salute. La prassi istituzionale da un lato e i tempi tecnici sull’altro versante hanno inciso parecchio sulla decisione di Speranza di rinviare in extremis la riapertura della stagione sciistica. Ministro della Salute dimissionario fino a venerdì sera, il reincarico ufficializzato sabato con il giuramento poco prima di mezzogiorno, quindi la verifica con il presidente del Consiglio Mario Draghi della proposta avanzata dal Comitato tecnico scientifico – che il 3 febbraio aveva dato l’ok sulla base di rigidi protocolli – sulla base del report sulla variante inglese dell’Istituto Superiore di Sanità, reso noto venerdì pomeriggio. Così si è arrivati alla vigilia della riapertuta, quando le piste da sci erano ormai tirate a lucido e pronte ad accogliere i turisti dopo quasi un anno dallo stop per lo scoppio della pandemia.
«Allo stato attuale – scrivono gli scienziati del Cts – non appaiono sussistenti le condizioni per ulteriori rilasci delle misure contenitive vigenti, incluse quelle previste per il settore sciistico amatoriale». Speranza dopo l’ultimo verbale del Cts ha chiamato il presidente del Consiglio Draghi, che dato il suo benestare al quarto rinvio dopo quelli al 3 dicembre, poi al 7 gennaio, quindi al 18 gennaio e al 15 febbraio e adesso la proroga al 5 marzo.