I numeri non sono da fronda, ma da scissione. Il M5s implode sul governo Draghi mentre crescono i parlamentari grillini che non voteranno la fiducia al governo Draghi e molti potrebbero seguire Alessandro Di Battista. Il Movimento, già spaccato per le innumerevoli giravolte effettuate sui temi storici nel corso di questi anni, si è ulteriormente diviso in seguito alla crisi di governo e soprattutto dopo il voto al nuovo esecutivo sulla piattaforma Rousseau.
Un via libera dato sulla base di un quesito «formulato in maniera suggestiva e manipolatoria»: la denuncia è arrivata da diversi eletti pentastellati, che hanno inviato una lettera a Vito Crimi per chiedere di ripristinare la consultazione online con una domanda più oggettiva. E Davide Casaleggio prova a mediare con un appello all’astensione tramite un post su Facebook invitando il Movimento a non spaccarsi sulla fiducia al governo Draghi, prevista per mercoledì al Senato e giovedì alla Camera. «Molti parlamentari mi segnalano che vorrebbero votare contro, non essendo passibili di sanzioni disciplinari sulla base dei precedenti e delle regole attuali, ma credo sia importante in questo momento lavorare per la massima serenità di tutti nel rispetto di regole e principi che ci siamo dati. Per questo motivo, auspico che chi senta il disagio nel sostenere questo governo percorra la scelta della astensione».
Credo che le azioni del Movimento 5 Stelle debbano portare a una unione di intenti per poter mantenere una forza…
Pubblicato da Davide Casaleggio su Domenica 14 febbraio 2021
Il fronte, costituito dai contrari al governo Draghi e ai vertici del Movimento, si allarga con il passare dei giorni: oltre ai 30 senatori ribelli, scrive il Corriere della Sera, si contano anche 40 deputati sul piede di guerra. A partire dalla senatrice Barbara Lezzi che insiste per un nuovo voto su Rousseau sulla fiducia al governo Draghi e avverte che è pronta a dire no all’esecutivo. «Il quesito parlava del superministero. Gli iscritti hanno votato su altro, quindi la consultazione va ripetuta. Lo Statuto lo consente, entro cinque giorni dalla precedente votazione», dice Lezzi, che in un’intervista al Fatto quotidiano ipotizza: «Possiamo sempre optare per l’astensione, e i ministri possono fare un passo di lato. Il governo partirebbe e noi lo valuteremmo su ogni provvedimento, potendo incidere». Anche il senatore Emanuele Dessì, da sempre considerato un mediatore, si è schierato apertamente sul fronte contrario al governo: «Se le cose dovessero rimanere così, voterò no».
Intanto, il capo politico Vito Crimi, secondo quanto si è appreso, ha spiegato che chi voterà in modo difforme rispetto alla volontà manifestata dalla maggioranza degli attivisti su Rousseau verrà espulso. Ma di fronte ad un fronte sempre più consistente si sta cercando una mediazione per non arrivare a mercoledì – giorno in cui Draghi presenterà il suo programma in Senato – spaccati. In diversi, infatti, in un fuoco di fila di interventi, avrebbero sottolineato di volere, in ogni caso, rimanere fedeli ai propri principi osservando che non è questo il governo che potrà fare le cose che servono al Paese. E in ballo ci sono anche 15 sottosegretari e 3 viceministri. Ai vertici viene rimproverata una pessima linea che ha portato i grillini ad avere solo 4 ministeri. «Da domani cominceremmo a spingere per avere un numero adeguato e anche superiore di sottosegretari alle dimensioni del gruppo. Se siamo meno di 282 a votare la fiducia ovviamente cambiano le percentuali e il numero di sottosegretari spettanti», è il ragionamento del capo politico Vito Crimi.