Il governo Draghi incassa la fiducia anche alla Camera. Il via libera arriva con 535 sì, 56 no e 5 astenuti. Il margine è evidentemente larghissimo, come già alla vigilia suggeriva il sostegno di tutti i gruppi più numerosi di Montecitorio, anche anche se c’è chi partì meglio: Mario Monti nel 2011 arrivò al record di 556, Giulio Andreotti nel 1978 toccò quota 545.
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Ma cresce la fronda nel Movimento 5 stelle. Sono sedici i deputati 5 stelle che hanno votato no. In quattro si sono astenuti. Quattordici erano assenti, di cui solo due risultano in missione (quindi giustificati). Quindi la quota del dissenso arriva a quota 32. E c’è anche un deputato leghista, Gianluca Vinci, che vota no e passa all’opposizione con Fratelli d’Italia. Lo stesso hanno fatto altri due leghisti: l’eurodeputato calabrese Vincenzo Sofo e Tommaso Coviello. Tra i no a Draghi tutto il gruppo di Fratelli d’Italia, come ampiamente annunciato, e Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana.
Archiviato il voto istituzionale, nel M5s inizia ora la conta dei dissidenti . Nelle prossime ore è plausibile che i deputati che hanno votato in difformità rispetto alle indicazioni del Movimento, avallate dalla consultazione degli iscritti sulla piattaforma Rousseau, dovrebbero essere espulsi, così come i loro colleghi del Senato. Resta da vedere se ci saranno i numeri per la creazione di un gruppo autonomo: alla Camera sono richiesti almeno 20 deputati.
La doppia fiducia nei due rami del Parlamento consente a Draghi di assumere le piene funzioni. E domani per lui ci sarà già il primo appuntamento internazionale, con un G7 in conference call a cui parteciperà anche il presidente Usa, Joe Biden.