L’immunizzazione di massa degli italiani è la prima sfida per il governo Draghi. Non c’è più tempo da perdere: bisognerà ottenere più dosi e somministrarle più in fretta. «Non dobbiamo limitare i vaccini all’interno di luoghi specifici, spesso ancora non pronti. Abbiamo il dovere di renderli possibili in tutte le strutture disponibili, pubbliche e private», ha detto il nuovo premier nel suo discorso programmatico al Senato. Addio, dunque, alle primule di Domenico Arcuri, disegnate da Stefano Boeri, che dovevano far rinascere l’Italia con un fiore. Per le somministrazioni verranno impiegati piuttosto le caserme dell’esercito, gli stadi e i parcheggi degli ospedali. L’obiettivo è immunizzare metà degli italiani entro l’estate.
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Le mosse di Draghi per far ripartire l’Italia si basano su un piano di vaccinazione più rapido di com’è andato nei primi due mesi. Nel suo discorso in Senato Draghi, ha alluso al Regno Unito, sottolineando come sia necessario per l’Italia imparare «da Paesi che si sono mossi più rapidamente di noi, disponendo subito di quantità di vaccini adeguate. La velocità è essenziale» per far ripartire l’economia e fermare le varianti. È il modello inglese, e non a caso Draghi ha aggiunto che le vaccinazioni in Italia «devono essere possibili in tutte le strutture disponibili»: in Inghilterra, si vaccina persino nella cattedrale di Canterbury e si è già a 16,5 milioni di inoculazioni.
Bisognerà ricorrere a tutte le forze disponibili e la Protezione civile è pronta a mettere in campo 300 mila volontari, che potranno essere utilizzati sia per allestire i centri vaccinali e le eventuali tensostrutture, sia per la parte sanitaria con la collaborazione della Croce rossa. Alla struttura commissariale dovrebbe rimanere la gestione degli acquisti delle fiale, non quella della logistica e della distribuzione. La campagna di vaccinazione di massa dovrà puntare a 500 mila somministrazioni al giorno, forniture da parte delle case farmaceutiche permettendo.
Il governo Draghi intende chiedere alla Commissione europea un anticipo di parte dei lotti di vaccino del secondo semestre 2021, concentrandosi in particolare su Moderna e Johnson & Johnson, il cui preparato dovrebbe essere distribuito a partire dal 15 di marzo, ma non è stato ancora autorizzato né dell’Ema, né dall’Aifa. Il vantaggio è che richiede una dose soltanto e può essere conservato in normali frigoriferi.
L’esecutivo starebbe pensando di affidare ai medici di famiglia proprio la somministrazione di questo tipo di vaccino, più facilmente gestibile rispetto a Pfizer, Moderna e AstraZeneca, che necessitano del richiamo. In ogni caso, il contributo delle strutture del ministero della Difesa sarà fondamentale. I 170 centri delle forze armate che oggi vengono usati per i tamponi potrebbero essere riconvertiti per le vaccinazioni in accordo con le Asl, cui invece toccherebbe fornire il personale sanitario.