Una recessione pesantemente al femminile. E lo è sotto molti punti di vista, a partire dai posti di lavoro persi e dal divario salariale crescente, fino ad arrivare all’aumento dei lavori di cura non retribuiti e ad un welfare sempre più assente. A conti fatti questa pandemia sta rimettendo l’orologio delle donne indietro di qualche anno, se non di decenni. Certo, è ancora troppo presto per valutare a pieno gli effetti del Covid sul mondo del lavoro, ma qualche indicazione chiara l’abbiamo già avuta, come nel caso dei dati Istat pubblicati lo scorso febbraio: su 101mila nuovi disoccupati, 99mila sono donne.
Un disastro annunciato in realtà, visto che già nel 2019 il tasso di occupazione femminile aveva toccato per la prima volta il 50,1%. Ma nell’anno della pandemia è crollato ulteriormente arrivando al 48,6% 19 punti sotto quello maschile. Il 2020 è stato disastroso per le donne: 312 mila lavoratrici hanno perso il lavoro (contro 132 mila). Su quattro lavoratori che hanno perso il lavoro tre sono donne.
Questo perché la crisi, più che sull’industria, ha picchiato sui servizi. Cura, assistenza, ristorazione, turismo: lavori a termine, precari per definizione, spesso part-time, massacrati dalle restrizioni e dal lockdown ed esclusi anche dal blocco dei licenziamenti. Sono i settori che, con istruzione e sanità, danno lavoro a otto donne occupate su dieci. E ciò spiega l’enormità del prezzo pagato.
«L’occupazione femminile è tornata indietro, ai livelli del 2016, ben al di sotto del 50% raggiunto per la prima volta nel 2019. La causa principale è stata la crisi del settore dei servizi, nel quale lavora l’85% delle donne». Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella nella giornata dedicata alle donne parla in particolare del mondo del lavoro, dove la discriminazione è ancora elevata: le donne subiscono una «disparità nella progressione di carriera» e una «discriminazione inaccettabile nelle retribuzioni». Anche sul fronte dei contagi nei luoghi di lavoro, dice ancora Mattarella, sono le donne a subire più pesantemente le conseguenze: «L’Inail ha messo in luce che quasi il 70% dei contagi denunciati sui posti di lavoro riguarda le donne. Le categorie professionali delle contagiate riguardano soprattutto il settore sanitario». Ed è proprio a loro, alle donne in prima linea nella lotta all’epidemia, che il presidente ha voluto dedicare le celebrazioni di quest’anno.
Il capo dello Stato ricorda come la Costituzione, varata 75 anni fa, preveda la tutela dell’uguaglianza e della parità senza condizioni, ma «la legge non basta – sottolinea Mattarella – e i principi devono sempre essere ribaditi e difesi, nonché messi in pratica, perché come dimostrano i casi di violenza e le discriminazioni nella vita di tutti i giorni la strada da percorrere verso una parità effettiva è ancora lunga». Nel campo del lavoro questo è particolarmente evidente. «Oggi in alcuni ambiti del pubblico impiego la percentuale di donne che vi lavorano è maggiore rispetto a quella degli uomini — evidenzia Mattarella, ricordando la sentenza della Corte Costituzionale che solo nel 1960 cancellò una legge del 1919 che fino a quel momento aveva escluso le donne dagli incarichi pubblici —. Ma se si guarda ai livelli apicali, la predominanza resta maschile. Così come avviene ai vertici dei consigli di amministrazione di tante aziende pubbliche e private».
Mattarella esorta indirettamente il governo ad incrementare «gli sforzi per restituire dignità al lavoro delle donne e per fare fronte alla crisi demografica», che sono due dei «fattori più rilevanti nel rallentamento della crescita economica». E dunque «politiche per la famiglia, sostegno alla maternità, potenziamento dei servizi e conciliazione con i tempi di lavoro e con quelli di cura rappresentano un elemento di fondamentale importanza per la crescita del nostro Paese».