Non ha rilevanza penale la compilazione di una falsa autocertificazione. E di conseguenza deve essere prosciolto perché il fatto non costituisce reato chi, un anno fa, in violazione alle prescrizioni del Dpcm dell’8 marzo 2020 si era fatto sorprendere in strada con un modello di autocertificazione che riportava motivazioni prive di fondamento. É quanto stabilito dalla Sezione Gip-Gup del tribunale di Reggio Emilia con la sentenza n. 54 del 2021.
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Nel pieno della prima ondata della pandemia, a dispetto dei rigidi divieti governativi, un uomo e una donna di Correggio, provincia di Reggio Emilia, escono di casa. È il 13 marzo del 2020. E quando i Carabinieri li fermano, i due presentano una autocertificazione fasulla. C’è scritto che sono usciti perché la donna deve fare delle analisi, ma non è così. I Carabinieri accertano che la donna non ha fatto tappa in ospedale. A quel punto la coppia viene denunciata e finisce sotto processo. Ma il Tribunale di Reggio Emilia li ha assolti entrambi «perché il fatto non costituisce reato».
Non solo. Il giudice di Reggio Emilia sancisce anche l’illegittimità del Dpcm dell’8 marzo del 2020 che autorizzava le persone a uscire di casa solo «per comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità, spostamenti per motivi di salute». La pronuncia mette in evidenza come non si configura un falso ideologico in atto pubblico per effetto della trasgressione di un Dpcm che è intervenuto a istituire un obbligo di permanenza domiciliare che, per giurisprudenza consolidata anche della Corte costituzionale, rappresenta una limitazione della libertà personale che può essere disposta dall’autorità giudiziaria o comunque dall’autorità giudiziaria deve essere valutata. L’articolo 13 della Costituzione stabilisce che le limitazioni della libertà personale possono essere adottate solo su atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei casi e modi stabiliti dalla legge.
Un Dpcm, atto regolamentare di rango secondario nella gerarchia delle fonti di natura giuridica, quindi non può intervenire a disporre un obbligo di permanenza in casa. Ma il Gip-Gup di Reggio Emilia si spinge anche oltre e osserva che neppure una legge o un decreto legge potrebbe prevedere in via generale e astratta, nel nostro ordinamento, l’obbligo della permanenza domiciliare disposto nei confronti di una pluralità indeterminata di cittadini, «posto che l’articolo 13 della Costituzione postula una doppia riserva, di legge e di giurisdizione, implicando necessariamente un provvedimento individuale, diretto dunque nei confronti di uno specifico soggetto».
La pronuncia ricorda poi che, trattandosi di un atto amministrativo come il Dpcm, non è necessario un rinvio della questione alla Consulta perché ne venga dichiarata l’illegittimità. A disapplicarlo basta l’intervento della magistratura. Per il giudice di Reggio Emilia quindi il Dpcm è illegittimo per violazione dell’articolo 13 della Costituzione e la redazione dell’autocertificazione rappresenta una costrizione «incompatibile con lo stato di diritto del nostro paese». Per questo la falsità del documento, provata negli atti, non ha i connotati dell’antigiuridicità e non deve essere punita sul piano penale.