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Chi è Enrico Letta, il nuovo segretario del Pd

L'ex premier è stato eletto dall'Assemblea nazionale con 860 voti a favore, 2 contrari e 4 astenuti: «L’apertura sarà il mio motto: spalanchiamo le porte del partito»

Giusy Bottari di Giusy Bottari
Marzo 14, 2021
in Politica
Tempo di lettura: 3 mins read
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Chi è Enrico Letta, il nuovo segretario del Pd

«Tranquillo come Enrico, europeo come Letta». Sta nella formula utilizzata dal quotidiano francese Le Monde la sintesi più efficace per descrivere colui che guiderà il Partito democratico. Sette anni dopo essere stato sfrattato da Palazzo Chigi da Matteo Renzi, viene richiamato dal Pd nel mezzo di una fase tra le più complicate della sua storia. «Ringrazio tutti per la fiducia, grandissimo onore. Ce la metto tutta», ha detto Enrico Letta, nuovo segretario del Pd – l’ottavo nella storia del partito – da candidato unico con 860 voti favorevoli, due contrari e quattro astenuti.

Cinquantaquattro anni, presidente del Consiglio tra il 2013 e il 2014, in precedenza ministro e parlamentare, nel 2015 Letta si è dimesso da deputato per andare a dirigere la Scuola di Affari internazionali dell’Università Sciences Po di Parigi. In Italia ha fondato la Scuola di Politiche e l’Associazione Italia-Asean (Associazione delle nazioni del Sudest asiatico), entrambe no profit. Ed è presidente dell’Istituto Jacques Delors, intitolato all’ex presidente francese della Commissione europea.

Una solida formazione alle spalle di questo percorso di Enrico Letta. Frequenta la scuola dell’obbligo a Strasburgo. Poi si laurea in Diritto internazionale a Pisa, città in cui era nato il 20 agosto del 1966, ed ha conseguito un sottorato in Diritto delle Comunità europee presso la prestigiosa Scuola di Sant’Anna. Questo percorso, unito a quello di impegno con i giovani della Dc, lo porta ad incrociare nel 1990 Beniamino Andreatta di cui diviene il discepolo prediletto, tanto da andare a dirigere nel 1993 l’Arel. A livello politico Letta segue il passaggio dalla Dc al Ppi e quando nel 1995, sotto la segreteria di Rocco Buttiglione, avvenne la spaccatura tra chi vuole allearsi con Berlusconi e chi vuole lanciare l’Ulivo con Prodi, egli sceglie questa seconda strada. E da allora è sempre stato un convinto ulivista appoggiando la nascita della Margherita con la confluenza di Ppi, I Democratici, Rinnovamento italiano, e Udeur.

Nel 1997, Franco Marini lo chiama come vice segretario del Ppi; nel novembre 1998 diventa, a 32 anni, il più giovane ministro della storia della Repubblica (battendo Andreotti che lo era stato a 35 anni), quando viene nominato ministro per le Politiche comunitarie con il governo D’Alema. Nel 2000 passa al dicastero dell’Industria, dove rimarrà con D’Alema e Amato presidenti del Consiglio fino al 2001.

Nel 2007 Enrico Letta sfida Walter Veltroni, pur sapendo che questi è il vincitore designato, e ottiene un inaspettato 11% dal quale nascerà poi la sua corrente che si è consolidata in questi anni ma sciolta al momento dell’uscita da Palazzo Chigi, per evitare ulteriori spaccature nel Pd. E poi il sodalizio con Pier Luigi Bersani, nato a Strasburgo dove furono entrambi parlamentari europei tra il 2004 e il 2006. Per questo quando Bersani vinse le primarie del Pd nell’ottobre 2009, propose Letta come vicesegretario all’Assemblea nazionale che lo voto ad ampissima maggioranza.

Nell’aprile del 2013, a 46 anni, l’allora presidente Napolitano lo chiama a guidare il complicato governo di larghe intese: il secondo – all’epoca – più giovane presidente del Consiglio, nella storia della Repubblica, dopo Giovanni Goria che lo divenne a 43 anni. Dieci mesi da premier. Fino all’arrivo sulla scena di Matteo Renzi che lo sostituì alla presidenza del Consiglio con un’operazione che sarebbe diventata tra le più raccontate e note della storia politica italiana recente, spesso associata allo «stai sereno» che Renzi disse a Letta poco prima di rimuoverlo.

Letta è comunque sempre rimasto nel Pd, ma fino a qualche giorno fa non era più stato coinvolto direttamente negli affari del partito e nella politica. La sua candidatura era stata chiesta da tutti i principali dirigenti del partito, da Dario Franceschini ad Andrea Orlando, dopo le dimissioni del precedente segretario Nicola Zingaretti, arrivate dopo settimane di critiche e tensioni.

«Mi viene in mente la frase di Papa Francesco che dice che vorrebbe un mondo che sia un abbraccio fra giovani e anziani. Da solo nessuno si salva», ha detto Letta prendendo la parola sull’inedito ‘palco’ al Nazareno in diretta streaming per il suo discorso durante l’assemblea nazionale del Pd. «Vorrei che oggi la discussione non si chiudesse ma iniziasse. Domani presenterò un vademecum di idee da consegnare al dibattito dei circoli per due settimane. Ne discutiamo insieme e poi facciamo sintesi in una nuova assemblea». Nella stagione di rilancio il Pd dovrà quindi essere al centro, ma con un atteggiamento nuovo: «I democratici – spiega Letta – dovranno essere progressisti nei valori, riformisti nel metodo, radicali nei comportamenti. L’apertura sarà il mio motto: spalanchiamo le porte del partito»

Ha messo subito le cose in chiaro, riconoscendo i limiti del Pd: «Lo stesso fatto che sia qui io e non una segretaria donna dimostra che esiste un problema. Io metterò al centro il tema delle donne». E dopo le donne, i giovani che «saranno al centro della mia azione». Tanto che, ha assicurato, «l’altra battaglia da fare è quella per il voto ai sedicenni, anche se so che sarà una battaglia divisiva, complicata, ma dobbiamo allargare il peso dei giovani nella società». E ancora vuole rilanciare lo Ius soli: «Credo che sarebbe una buona cosa se il governo Draghi, il governo del tutti insieme, sia quello di una normativa sullo Ius Soli».

Tags: Assemblea nazionale del PdEnrico LettaNazarenoPartito democraticoPd
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