Ancora poche certezze dal Canale di Suez. Da martedì il transito delle navi mercantili è bloccato a causa della Ever Given ferma di traverso nell’idrovia. Sono circa 320 le navi che attendono su entrambi gli accessi del Canale. Un danno che si aggira intorno ai nove miliardi di dollari al giorno. Senza sapere quanto tempo ci vorrà ancora per liberare la nave.
Il presidente dell’Authority del Canale di Suez, l’ammiraglio Osama Rabie ha spiegato che il vento e la tempesta di sabbia sono stati uno dei fattori ma «non l’unica causa» dell’incidente, non escludendo errori umani o tecnici. Affermazioni che fanno riflettere. L’immagine di Suez è stata profondamente colpita da questo incidente e il fatto che molte compagnie abbiano già ipotizzato cambi di rotta rappresenta una minaccia enorme per la stabilità finanziaria del Canale di Suez e di tutto l’Egitto. Meglio quindi chiarire che la navigazione è sicura e che non esiste possibilità di tempeste di sabbia o correnti che possa incidere sulla navigazione.
Intanto il presidente Joe Biden ha offerto l’aiuto degli Stati Uniti, fornendo mezzi tecnici per velocizzare le operazioni per liberare il Canale. Adesso si spera nell’aumento della marea (stimata in 50 centimetri), che assieme al lavoro di ruspe e rimorchiatori potrebbero finalmente disincagliare la Ever Given. Alcuni mercantili hanno intanto iniziato a cambiare rotta, così come evidenziato dai report della società di dati Refinitiv.
Una chiusura prolungata del corso d’acqua provocherebbe ulteriori e drammatici ritardi nella catena di spedizione globale. Secondo i dati ufficiali, lo scorso anno circa 19mila navi sono passate attraverso il canale. Circa il 10% del commercio mondiale scorre attraverso il canale. La chiusura potrebbe influenzare le spedizioni di petrolio e gas in Europa dal Medio Oriente.
Oltre il 50% del traffico che lo attraversa è composto da mega navi container e da petroliere. Il canale è particolarmente importante per garantire i rifornimenti di petrolio, con circa il 10% del totale del petrolio mondiale che viene spedito attraverso quella rotta. Secondo alcune stime fatte in questi giorni e riportate dal Guardian, circa 10 milioni di barili di petrolio sono rimasti bloccati alle due imboccature del canale e solo alcune petroliere più piccole sono riuscite a proseguire la navigazione, imboccando le sezioni più vecchie e strette del canale. Se l’ingorgo dovesse continuare a lungo, molto probabilmente i prezzi di petrolio e di conseguenza della benzina, potrebbero aumentare velocemente. Così come quelli di tutte le merci spedite e delle spedizioni, che dovranno sostenere costi maggiori per affrontare rotte più lunghe.
Inoltre, secondo quanto riportato dal quotidiano specializzato Lloyd’s List, il blocco del canale costa l’interruzione di oltre 9 miliardi di dollari di merci di vario tipo che dovrebbero attraversare la rotta. Dal petrolio ai componenti informatici, dai cellulari ai beni alimentari che rischiano di andare a male e non essere più vendibili sul mercato internazionale. Gli effetti negativi del blocco si ripercuoteranno, dunque, sul mercato mondiale.
E non è ancora chiaro per quanto tempo. Secondo l’Autorithy il Canale potrebbe tornare operativo tra lunedì e martedì prossimi. Ma nche dopo la riapertura del canale è probabile che i container in attesa arrivino in porti trafficati, costringendoli ad affrontare ulteriori ritardi prima dello sbarco.