L’Italia resta arancione o rossa fino al 30 aprile, con le zone gialle ancora sospese. Nel decreto legge approvato dal Consiglio dei ministri vengono sostanzialmente confermate tutte le attuali regole e divieti: «Dal 7 aprile al 30 aprile 2021, si applicano le misure di cui al provvedimento adottato in data 2 marzo 2021», è scritto nel testo. Norme che, secondo le schema stabilito nell’ultima cabina di regia, escludono quindi la riapertura a pranzo di bar e ristoranti. Anche se viene concessa la possibilità «di deliberare in Consiglio dei ministri un allentamento delle misure, qualora lo consentano l’andamento dell’epidemia e l’attuazione del piano vaccini».
L’automatismo a cui tanto teneva il centrodestra non c’è, ma il presidente Mario Draghi ha alla fine accettato di inserire, al comma 2 dell’articolo 1, questa sorta di clausola di salvaguardia. Se un territorio avrà dati da zona gialla il governo potrà decidere di valutare un allentamento delle misure, a partire dalle riaperture a pranzo dei ristoranti, già subito dopo Pasqua. La regione, provincia o comune che avrà i numeri per tornare in giallo dovrà però essere in regola con i vaccini, soprattutto per quanto riguarda le persone anziane e fragili.
Come anticipato dallo stesso premier, dopo Pasqua si torna in classe fino alla prima media nelle zone rosse. E i governatori non potranno emanare ordinanze più restrittive per sospendere l’attività in presenza. «Dal 7 aprile al 30 aprile è assicurato in presenza sull’intero territorio nazionale lo svolgimento dei servizi educativi» fino alla prima media, si legge nella bozza. Una disposizione che «non può essere derogata da provvedimenti dei Presidenti delle Regioni e, delle Province autonome». Nella zona rossa le attività didattiche del secondo e terzo anno di frequenza della scuola secondaria di primo grado nonché le attività didattiche della scuola secondaria di secondo grado si svolgono esclusivamente in modalità a distanza. In zona arancione (e gialla se sarà ripristinata) la presenza è fino alla terza media e con un minimo del 50% alle superiori.
Confermati i criteri per la zona rossa, che scatta automaticamente non solo nelle regioni con Rt sopra 1,25 ma anche in quelle «dove l’incidenza cumulativa settimanale dei contagi è superiore a 250 casi ogni 100.000 abitanti, sulla base dei dati validati dell’ultimo monitoraggio disponibile». I presidenti di regione possono far scattare lockdown territoriali: «nelle province in cui l’incidenza cumulativa settimanale dei contagi è superiore a 250 casi ogni 100.000 abitanti» oppure «nelle aree in cui la circolazione di varianti di SARS-CoV-2 determina alto rischio di diffusività o induce malattia grave».
Tra le altre novità c’è l’obbligo di vaccinarsi contro il Covid per medici, infermieri, operatori sanitari e anche farmacisti: sarà “requisito essenziale” per l’esercizio della professione. Per chi rifiuta è previsto lo spostamento a «mansioni, anche inferiori» oppure come ultima alternativa anche la sospensione dal lavoro. «Se il medico, infermiere o operatore sanitario non risponde alla convocazione dell’Asl e quindi non si vaccina, il datore di lavoro può adibire il lavoratore, ove possibile, a mansioni, anche inferiori, con il trattamento corrispondente alle mansioni esercitate, e che, comunque, non implicano rischi di diffusione del contagio. Quando l’assegnazione a diverse mansioni non è possibile, per il periodo di sospensione non è dovuta la retribuzione, altro compenso o emolumento, comunque denominato». Avranno l’obbligo di vaccinarsi anche «gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, farmacie, parafarmacie e studi professionali».