Oltre un milione di tonnellate di acqua usata per raffreddare i tre reattori nucleari della centrale di Fukushima, dopo il disastro del 2011, saranno riversate in mare. Se ne parlava da tempo, ma ora il governo giapponese ha deciso: l’operazione comincerà entro due anni e durerà quarant’anni. Nonostante le proteste dei Paesi vicini, degli ambientalisti, dei pescatori e degli abitanti della zona, Tokyo sostiene che «è l’opzione migliore, l’unica realistica».
Nel marzo del 2011 un grande tsunami colpì la costa nord-orientale del Giappone e causò la fusione parziale dei noccioli di tre dei sei reattori della centrale di Fukushima per via dell’inadeguatezza dei sistemi di sicurezza dell’impianto, che non era preparato a un’onda anomala alta più di 14 metri. Per raffreddare le barre di combustibile nucleare subito dopo l’incidente e mantenerle alla giusta temperatura in tutti questi anni è stata usata una grande quantità d’acqua, che ha assorbito varie sostanze radioattive.
Sono circa 1,25 milioni di tonnellate di acqua contaminata a Fukushima, l’equivalente di 500 piscine olimpioniche, che sono contenute in grandi serbatoi: la Tokyo Electric Power Co. (Tepco), l’azienda energetica che gestisce la centrale, ne ha costruiti più di mille attorno all’impianto. Tuttora il combustibile nucleare parzialmente fuso deve essere raffreddato e per farlo periodicamente viene usata nuova acqua, che poi è aggiunta ai serbatoi. Da tempo si sa che entro il 2022 nei serbatoi disponibili attorno alla centrale non ci sarà più spazio per contenere tutta l’acqua usata nei lavori di smantellamento della centrale, per questo da anni si cercavano soluzioni alternative.
Nel 2019 il ministero dell’Economia giapponese aveva proposto di riversarla gradualmente nell’oceano Pacifico oppure di lasciare che evaporasse nell’atmosfera. L’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Iaea) delle Nazioni Unite ha detto che entrambe le soluzioni erano «tecnicamente praticabili»: di fatto vengono già usate dalle centrali nucleari in giro per il mondo, seguendo regole precise. Il vantaggio di riversarle nell’oceano è che permette di controllare meglio i livelli di sostanze radioattive disperse nell’ambiente. L’operazione avverrà sotto la supervisione dell’Iaea e dovrà rispettare degli standard internazionali.
Secondo il piano del governo giapponese l’acqua comincerà a essere riversata in mare, dopo essere stata filtrata, tra circa due anni. Ma non sarà dispersa tutta nello stesso momento: l’intero processo durerà circa quarant’anni anche perché nel tempo si aggiungerà nuova acqua da gestire. L’acqua verrà riversata in mare dopo aver rimosso molti degli elementi radioattivi che conteneva. L’unico elemento che non può essere rimosso del tutto è il trizio, un isotopo radioattivo dell’idrogeno: è relativamente poco pericoloso per la salute umana ed è naturalmente presente nell’acqua del mare e nell’atmosfera.