Sono ore di trattative all’interno del governo per trovare una quadra sulla riapertura del Paese: la maggioranza come sempre è divisa tra chi, ministro della Salute Roberto Speranza in testa, invita alla «cautela» per evitare di annullare la riduzione dei contagi delle ultime settimane, mentre Lega e regioni premono per cominciare ad allentare le restrizioni già da lunedì 26 aprile. A dettare l’agenda sarà soprattutto l’andamento della curva epidemiologica, in abbinata ai passi avanti nella campagna vaccinale.
Le Regioni spingono per riaprire i ristoranti a pranzo e a cena (ma anche bar, pizzerie, trattorie, pub, pasticcerie, gelaterie e rosticcerie) con regole stringenti al chiuso e maggiore libertà all’aperto. Ma anche cinema, teatri, palestre e piscine. I governatori guidati dal neo-presidente leghista della Conferenza, Massimiliano Fedriga, vogliono alzare al più presto le saracinesche delle «attività maggiormente penalizzate».
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Per consentirne la riapertura dei ristoranti anche nelle regioni rosse, le regioni propongono di integrare le misure attuali «con strategie di screening/testing». Misurazione della temperatura all’ingresso, divieto di assembramento davanti ai locali, ingresso su prenotazione (non obbligatorio). La misura su cui i governatori puntano è il distanziamento dei tavoli che devono essere disposti «in modo da assicurare il mantenimento di almeno 2 metri di separazione tra i clienti di tavoli diversi negli ambienti al chiuso e almeno 1 metro di separazione negli ambienti all’aperto (giardini, terrazze, dehors)». Per il resto le misure non cambiano: mascherine anche per i clienti quando non sono al tavolo, menu digitale o in stampa plastificata, disinfezione delle superfici dopo ogni servizio. Ma che succede quando i locali non dispongono di posti a sedere? L’accesso è consentito «a un numero limitato di clienti per volta», assicurando la distanza di 2 metri tra le persone anche per le consumazioni al banco. Va privilegiato «ove possibile» l’uso di spazi esterni e incentivata l’apertura di porte e finestre. L’aria condizionata si può usare solo escludendo la modalità di ricircolo. Via libera anche al buffet, purché i clienti non tocchino i cibi e si presentino con la mascherina indossata.
Nelle palestre evitare condizioni di assembramento e va mantenuto l’elenco delle presenze per un periodo di 14 giorni. Potrà essere rilevata la temperatura corporea, impedendo l’accesso in caso di temperatura oltre 37,5 °C. La distanza di sicurezza deve essere almeno 1 metro per le persone mentre non svolgono attività fisica e almeno 2 metri durante l’attività fisica e negli spogliatoi. Macchine e attrezzi vanno disinfettati dopo ogni singolo utilizzo. Porte e finestre devono restare aperte «il piu possibile». La proposta delle regioni si occupa delle piscine pubbliche e di quelle «finalizzate a uso collettivo». La densità di affollamento in vasca «è calcolata con un indice di 7mq di superficie di acqua a persona». I frequentatori «devono rispettare rigorosamente le indicazioni di istruttori e assistenti ai bagnanti. I gestori dovranno privilegiare gli accessi tramite prenotazione e, ove possibile, provvedere a una segnaletica che, anche attraverso monitor o maxi schermi, faciliti gli spostamenti, la gestione dei flussi e il rispetto delle regole. Il distanziamento dovrà essere di due metri: ad esempio prevedendo postazioni d’uso alternate o separando le postazioni con apposite barriere.
Nei cinema e teatri i posti a sedere dovranno prevedere un distanziamento minimo di un metro tra uno spettatore e l’altro. Va privilegiato l’accesso su prenotazione. La cassa deve essere dotata di barriere fisiche. Non si può assistere agli spettacoli in piedi e i posti a sedere vanno distanziati lasciando «almeno 1 metro» tra uno spettatore e l’altro «sia frontalmente che lateralmente» con mascherina obbligatoria. Se viene lasciata la facoltà di non indossare la mascherina quando si sta seduti, la distanza è raddoppiata a 2 metri. Porte e finestre devono essere lasciate aperte il più possibile. Nei guardaroba, indumenti e oggetti personali «devono essere riposti in sacchetti porta abiti». Le misure potranno essere integrate da un tampone rapido al momento dell’accesso o da un test negativo nelle ultime 48 ore o da un certificato di completamento del ciclo vaccinale. In realtà l’Agis, l’associazione generale dello spettacolo, è insorta contro l’ipotesi di obbligare gli spettatori a fare il tampone prima di entrare in sala. Ed è stato lo stesso ministro della Cultura Dario Franceschini ad assicurare che non servirà fare il tampone per tornare al cinema o al teatro. Franceschini ha inoltre inviare al Comitato tecnico scientifico un documento con nuove regole per gli eventi all’aperto in cui chiede anche di aumentare i posti a sedere.