Il Recovery plan è pronto per essere inviato a Bruxelles dopo l’approvazione nei due rami del Parlamento, a larghissima maggioranza, come previsto (al Senato, ieri sera, 224 a favore, 16 contrari e 21 astenuti; alla Camera 442 voti favorevoli, 19 contrari e 51 astenuti, compreso gruppo FdI). «La data del 30 aprile non è mediatica, ma è per avere i soldi subito», ha detto Draghi nel suo intervento al Senato in merito al Recovery Plan da 248 miliardi tra fondi europei e risorse nazionali.
«Corruzione, stupidità, interessi costituiti continueranno ad essere i nostri nemici e sono certo saranno battuti. Ma c’è anche l’inerzia istituzionale che si è radicata per la stratificazione di norme negli ultimi 30 anni. Le riforme ci aiuteranno a superarle e per questo sono così importanti». E ha aggiunto: se falliamo «a pagare il prezzo saremo noi ma anche per il futuro dell’Europa perché non sarà più possibile convincere gli altri europei a fare una politica fiscale comune».
Draghi si è scusato per i tempi stretti dell’esame parlamentare. «I tempi erano ristretti ma se si arriva prima, si avranno i fondi prima», ha affermato, sottolineando allo stesso tempo che «il Parlamento avrà un ruolo rilevante nei mesi avvenire», nel processo di esame dei provvedimenti connessi al Piano nazionale di ripresa e resilienza. «Sulle riforme il Parlamento sarà determinante», ha assicurato Draghi.
Il capo del Governo ha ricordato che «la vera sfida non appena il piano viene consegnato è di trovare un modo di attuazione dove le amministrazioni locali e il governo centrale, che sono chiamati a mole di interventi, trovino uno schema di governo del piano. Il vero governo non è cosa fa Palazzo Chigi, che comitati si formano, il punto nodale è questo. È chiaro per i ministeri il processo ma è molto più complesso il coordinamento tra governo e enti locali che sono gli attuatori del piano a cui sono destinati poco meno di 90 miliardi». «Nessuna contrapposizione con gli enti locali», dunque. «Non è Stato contro enti locali: esattamente il contrario. È il messaggio che ho voluto dare fin dall’inizio e che è confermato in questo piano».
Tra le sei missioni lungo le quali si organizza il Recovery Plan, quella dedicata alla rivoluzione verde e alla transizione ecologica è stata definita dal premier «particolarmente importante per l’Italia, che, un po’ per l’orografia, un po’ per gli abusi a cui è stata sottoposta, è maggiormente esposta a rischi climatici rispetto ad altri Paesi». Mentre per quanto riguarda le riforme, Draghi ha posto l’accento in primis sulla riforma della giustizia, che dovrà affrontare i nodi del processo civile e penale: «Questo è uno degli impegni più importanti che abbiamo preso con l’Unione europea, puntiamo a ridurre del 40% i tempi del processo civile e almeno del 25% quelli del processo penale».
Draghi difende molti dei punti del Piano, ricorda i 4,6 miliardi previsti per gli asili nido; rimarca i 6,31 miliardi che andranno per le reti ultraveloci, che «nel 2026 saranno ovunque senza distinzioni territoriali». Sul Superbonus dice che a maggio «arriveranno importanti semplificazioni per far sì che la gente lo possa usare di più». Il Pnrr potrebbe essere inviato a Bruxelles già oggi, dopo un ultimo esame in Cdm.