L’Agenzia europea per i medicinali (Ema) ha autorizzato la somministrazione del vaccino anti-Covid Pfizer anche per i ragazzi dai 15 ai 12 anni. «Una buona notizia – ha commentato su Facebook il ministro della Salute, Roberto Speranza – Ora sarà possibile estendere la campagna di vaccinazione anche ai più giovani. È una novità importante, pensando anche alla riapertura delle scuole a settembre. Se continuiamo ad avere cautela, con il quadro epidemiologico che mostra segnali incoraggianti, possiamo guardare al futuro con più fiducia».
Già lo scorso 10 maggio la Fda statunitense aveva dato il via libera alla somministrazione dei vaccini anti-Covid di Pfizer (Corminaty) per gli adolescenti. Ora sarà la volta dei Paesi europei chiamati ad organizzarsi quanto prima per le somministrazioni dei più piccoli. In Germania la cancelliera Angela Merkel ha già annunciato l’inizio delle vaccinazioni per under 15 fino ai 12 anni dal 7 giugno. In quanto all’Italia il presidente di Aifa (Agenzia Italiana del farmaco), Giorgio Palù, ha dichiarato che «l’ente regolatore sarà pronto a recepire le direttive europee entro lunedì 31 maggio», in modo da autorizzare il via libera sul territorio nazionale e permettere alla logistica di attivarsi. Sarà questo l’ulteriore verdetto a cui seguirà la decisione già annunciata dal commissario per l’emergenza Francesco Figliuolo: «Dopo il via libera dell’Aifa, dal 3 giugno potranno essere vaccinati anche gli adolescenti tra i 12 e i 15 anni, in tutto circa 2,3 milioni di persone».
Secondo i risultati della sperimentazione del vaccino di Pfizer, pubblicati sulla rivista scientifica NEJM (New England Journal of Medicine), per gli adolescenti il farmaco è sicuro, efficace al 100% e quasi due volte più potente che per il gruppo 16-25 anni. La sperimentazione, condotta negli Usa e in Germania su 2.260 adolescenti divisi in due gruppi (riceventi il vaccino o un placebo), ha mostrato per il vaccino Pfizer un ottimo profilo di sicurezza: non ci sono stati eventi avversi gravi correlati al vaccino e le reazioni sono state sempre da lievi a moderate (dolore al sito, affaticamento e mal di testa). Il vaccino ha avuto un efficacia del 100% e ha prodotto una risposta immunitaria maggiore rispetto al gruppo 16-25 precedentemente studiato con una quantità prodotta di anticorpi neutralizzanti maggiore di 1,8 volte.
Dopo Pfizer sono in arrivo studi relativi anche da Moderna, che ha iniziato negli Stati Uniti la prova su 3mila ragazzi fra 12 e 17 anni e un secondo studio su 6.750 bambini dai 6 mesi agli 11 anni. Anche Johnson & Johnson ha iniziato a testare il suo monodose sui bambini (tra i centri selezionati c’è anche l’ospedale Buzzi di Milano). L’opportunità di vaccinare i più giovani, che sono certamente soggetti meno a rischio per il Covid-19, non riguarda solo l’obiettivo di raggiungere l’immunità di gregge della popolazione e poter riaprire le scuole in sicurezza a settembre, ma anche alcuni aspetti medici che riguardano direttamente la salute dei ragazzi.
In rarissimi casi il Covid, infatti, può portare alla «sindrome infiammatoria multisistemica pediatrica o al Long Covid». Secondo uno studio pubblicato un anno fa sulla rivista scientifica “The Lancet Child and Adolescent Health” sebbene Covid-19 passi quasi inosservato nella maggior parte della popolazione pediatrica, una piccola percentuale (8%) dei bambini contagiati sviluppa una forma della malattia che richiede il ricovero in ospedale e talvolta anche il ricorso alla ventilazione meccanica. I rari casi infiammazione simil -Kawasaki (MIS-C, sindrome infiammatoria multisistemica pediatrica) che può colpire diversi organi, in particolare il cuore, si manifesta spesso in seguito a infezioni asintomatiche non diagnosticate: il 75% dei bambini che ha sviluppato la sindrome non aveva sintomi del coronavirus e la malattia si è sviluppata settimane dopo il contagio. Allo stesso modo i postumi del Covid chiamati «Long Covid» colpiscono anche i bambini: circa l’11-15% dei positivi ne soffre, con problemi più o meno gravi che durano mesi a distanza dall’infezione primaria e che spesso riguardano, appunto, persone asintomatiche dopo il contagio.