«Un accordo storico». Così è stato definito dal Cancelliere dello Scacchiere inglese, Rishi Sunak, e dal ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire. L’accordo è quello sulla tassazione globale, raggiunto a Londra dai ministri delle Finanze del G7. Intesa «sul principio di una aliquota globale minima del 15% per la tassazione delle grandi imprese, applicata Paese per Paese» che, secondo quanto scrive su Twitter il Tesoro britannico, si tradurrà in «una stretta sull’elusione fiscale» che farà pagare «la giusta quota» alle multinazionali di Big Tech.
L’impegno riguarda l’adozione di un’aliquota globale minima del 15% come corporate tax, l’imposta sui profitti d’impresa, che secondo Sunak potrà aiutare a combattere i “paradisi fiscali” e anche ad affrontare la questione della tassazione dei giganti digitali: «Una volta che c’è una soluzione globale sull’imposizione sugli utili delle multinazionali nel loro complesso, decadrà la necessità di una tassazione ad hoc per i colossi del Web.»
L’obiettivo è parte di uno sforzo più ampio per costringere le grandi aziende del Web e le multinazionali a pagare più tasse nei paesi in cui fanno i maggiori guadagni, e impedire che continuino a esserci dei paradisi fiscali in cui aziende come Microsoft e Amazon possono rifugiarsi per non pagare tasse sulla maggior parte dei profitti globali. Fino a casi clamorosi come le zero tasse versate in Irlanda dalla filiale locale di Microsoft su 315 miliardi di euro di profitto annuale, grazie alla domiciliazione nelle Bermuda.
Il commissario Ue Paolo Gentiloni parla di «grande passo verso un accordo globale senza precedenti». È la prima tappa in vista dell’intesa globale che dovrebbe arrivare alla riunione di luglio del G20 di Venezia, di cui fanno parte fra gli altri anche Cina e Russia. La svolta nasce dal cambio di amministrazione negli Usa: è stata la Casa Bianca di Joe Biden a lanciare lo scorso aprile la proposta di una tassa minima sui profitti realizzati all’estero dai grandi gruppi del web e non solo. Inizialmente si ipotizzava un’aliquota del 21%, poi i grandi Paesi hanno concordato di assestarsi su un valore meno ambizioso, il 15% appunto. Per il francese Bruno Le Maire «è un punto di partenza. Nei prossimi mesi ci batteremo perché sia la più alta possibile».