Proprio mentre il parlamento sta lavorando a una riforma strutturale della giustizia che è uno degli impegni che l’Italia si è presa con l’Unione Europea per ottenere i circa 200 miliardi di euro di finanziamenti del Recovery Fund, Lega e Radicali presentano i sei quesiti referendari che riguardano il settore della giustizia. Tra gli obiettivi, cercano di imporre la separazione delle carriere, l’abolizione di una parte della legge Severino e la responsabilità civile dei magistrati. La sfida al sistema è lanciata.
La prima settimana di luglio prenderà il via la campagna di raccolta firme. Per la Costituzione ne servono almeno 500mila, Salvini punta al doppio. Prima del 30 settembre, le firme raccolte dovranno essere depositate all’ufficio centrale per i referendum della Cassazione, che dovrà vagliare la validità e il numero delle sottoscrizioni. Se ci sarà il via libera, la parola passerà alla Consulta, per l’esame della legittimità costituzionale dei quesiti. E se sarà superato anche questo, l’ulmimo atto sarà la convocazione alle urne, in genere in una domenica tra il 15 aprile e il 15 giugno (salvo rinvii per eventuale scioglimento delle Camere).
I quesiti depositati da Lega e Radicali sono sei. Il primo riguarda la responsabilità civile dei magistrati. Oggi la legge prevede che un cittadino danneggiato da una sentenza possa rivalersi contro lo stato, ma non possa chiamare in causa direttamente il magistrato. Il quesito chiede la modifica di questa normativa prevedendo che il cittadino possa chiedere il risarcimento dei danni direttamente a un magistrato.
Il secondo referendum interviene sulla separazione delle carriere, questione di cui si è occupata anche la commissione ministeriale di esperti nominata dalla ministra della Giustizia Marta Cartabia e che ha elaborato una serie di indicazioni sulla base delle quali il governo presenterà delle proposte di modifica al disegno di legge già all’esame della Camera. Sulla separazione delle carriere, la commissione ha proposto di limitare a due e non più a quattro le volte in cui si può realizzare il passaggio dalla funzione di pubblico ministero (che è il magistrato che in un processo rappresenta l’accusa) alla funzione di giudice (che è invece chiamato a giudicare ed è dunque super partes), o viceversa. Il quesito del referendum è più restrittivo rispetto alla proposta della commissione ministeriale e prevede di separare nettamente le funzioni di magistrato requirente (pubblico ministero) e magistrato giudicante (giudice): se approvato, a inizio carriera il magistrato dovrà scegliere o per la funzione giudicante o per quella requirente, senza più la possibilità di passare dall’una all’altra.
Il terzo quesito riguarda la custodia cautelare, cioè la custodia preventiva a cui un imputato può essere oggi sottoposto prima della sentenza nei casi in cui c’è il pericolo di fuga, di inquinamento delle prove o di compimento di nuovi e gravi reati. Il quesito referendario interviene su questi specifici casi, limitando il carcere preventivo alla terza ipotesi di pericolo, e cioè ai soli reati gravi.
Il quarto referendum chiede di abolire la legge Severino nella parte in cui prevede la sanzione accessoria dell’incandidabilità e del divieto di ricoprire cariche elettive e di governo dopo una condanna definitiva. Lega e Radicali vogliono superare gli automatismi della legge e lasciare ai giudici la libertà di decidere caso per caso se applicare o no l’interdizione dai pubblici uffici.
Il quinto quesito riguarda il requisito della raccolta firme per il magistrato che intende candidarsi al Consiglio superiore della magistratura, l’organo di autogoverno della magistratura. La proposta della commissione ministeriale è di abbassare il numero delle firme, mentre il referendum chiede l’abrogazione della raccolta per evitare che la candidatura venga appoggiata da una corrente interna.
L’ultimo quesito interviene sulla valutazione dei magistrati: cioè sui consigli giudiziari, gli organi che hanno il compito di valutare l’operato dei magistrati e che possono essere composti anche da membri non togati (da avvocati, ad esempio), ma nei quali, oggi, solo i membri togati hanno diritto di voto. Lega e Radicali vogliono dare anche ai membri non togati la possibilità di esercitare il diritto di voto sulle valutazioni dei magistrati.