Tra il leader in pectore del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, e il garante Beppe Grillo, è in corso da giorni un duro scontro di potere. Riguarda diverse questioni tecniche di statuto e regole interne, ma è soprattutto un conflitto per la guida del partito: Conte vuole riformare la struttura direttiva limitando i poteri del garante, ma Grillo vuole avere sempre l’ultima parola sulle decisioni che riguardano il Movimento. Le speranze di ricucire, dunque, sembrano poche.
A dividere Conte e Grillo, innanzitutto, è il contenuto della bozza del nuovo statuto del M5s, preparato dall’ex premier, scelto proprio dal fondatore come prossimo leader del Movimento. «A Conte avevamo detto di prenderlo e di farlo evolvere, di partire dal nostro statuto – ha detto Grillo- lui invece ha preso due avvocati e ha scritto un’altra cosa. Me lo ha dato e mi ha detto di non farlo leggere a nessuno. Io l’ho letto e tante cose non andavano».
Questione fondamentale, il passaggio che limita i poteri del garante. Conte vuole eliminare dal nuovo Statuto del M5s l’articolo sui poteri di questa figura: è prevista l’inamovibilità di fatto di Grillo e il potere di interpretazione autentica, non sindacabile, delle norme. Di fatto una diarchia, che Conte non vuole accettare: il capo del Movimento deve essere uno. Secondo il vecchio statuto, tuttora in vigore, il garante «è il custode dei valori fondamentali dell’azione politica dell’associazione. In tale spirito esercita con imparzialità, indipendenza ed autorevolezza le prerogative riconosciute dallo statuto. In tale veste, oltre ai poteri previsti nel presente statuto, al garante è attribuito il potere di interpretazione autentica, non sindacabile, delle norme del presente statuto. Il garante è eletto mediante consultazione in rete, all’interno di una rosa di candidati non inferiore a 3, che il comitato di garanzia propone avuto riguardo a figure che si siano distinte per il determinante contributo alla storia ed all’azione politica del Movimento 5 Stelle e dunque per la loro rappresentatività e statura morale». Conte invece aveva previsto per il garante un ruolo meno incisivo.
Il fondatore del Movimento mette nero su bianco, in una mail, le rinunce a cui ha aperto per avviare il disgelo: quelle dei poteri sulla comunicazione e quello sulle nomine dell’organigramma del partito. Una «concessione» che è stata tra i punti di maggior tensione tra i due: Conte considera scontato che un leader possa scegliere chi sono i vice e chiede maggiori poteri sugli incarichi e sulla squadra. Nella bozza dello statuto stilata da Conte non è previsto che Grillo si occupi di comunicazione. «Ma come? Io ho fatto questo per tutta la vita e allora dico che ora di cambiare la comunicazione di M5S», ha reagito il comico, «Rocco Casalino è bravissimo sulle tv, ma deve rapportarsi anche con me, non solo con il capo politico. Conte deve studiare e imparare cos’è il Movimento. Gli ho detto che io sono un visionario, lui non lo è ed è lui ad aver bisogno di me, non io di lui».
Altro nodo è la rappresentanza del M5s nel mondo. Grillo, infatti, ha chiesto di essere il «rappresentante internazionale del Movimento nel mondo», una sorta di ambasciatore ufficiale dei pentastellati presso le cancellerie estere. Condizione che Giuseppe Conte non può accettare poiché limiterebbe fortemente la sua azione politica in qualità di leader.
Questione cruciale, il vincolo dei due mandati, cioè il tetto massimo che un rappresentante M5s può avere nelle istituzioni. Conte vorrebbe modificarlo, Grillo no. Si tratta di uno dei punti su cui i Cinque Stelle hanno basato il loro approdo alla politica. Oggi, in Parlamento, con l’attuale regola ampia parte degli eletti non potrebbe ricandidarsi e già si pensa ad alcune deroghe. «Io e Conte – ha detto Grillo – sul tetto dei due mandati la pensiamo diversamente, ma decideranno gli iscritti».