Viaggi, cerimonie, festival. La strada verso il ritorno alla normalità continua ad arricchirsi di nuove tappe, grazie al Green pass. Un nome già entrato nella quotidianità degli italiani dal 15 giugno scorso, quando grazie alla carta verde nazionale Covid-19 si è ricominciato a parlare di matrimoni, discoteche e spostamenti tra regioni. Oggi, alla carta verde italiana che aveva anticipato la decisione internazionale, si aggiunge quella europea. Il Green pass disponibile per ogni cittadino rimarrà comunque uno solo, ma ora consentirà di viaggiare verso tutti i Paesi dell’Ue e dell’area Schengen. L’intesa su scala comunitaria punta ad agevolare il turismo e ad abbandonare vecchie restrizioni come quarantene o, nel caso dei vaccinati, obbligo di tampone.
Per richiedere il Green Pass europeo bisogna: aver completato il ciclo vaccinale con entrambe le dosi, aver contratto Covid-19 entro gli ultimi 6 mesi ed esserne guarito, o aver effettuato un tampone molecolare da meno di 48 ore ed essere risultato ovviamente negativo. Il pass europeo sarà valido a partire da quattordici giorni dopo l’ultima dose di vaccino anti-Covid. Sulle regole d’ingresso, dal numero di dosi al tipo di vaccino, manca però omogeneità tra i paesi come ricordato dalla Commissione Europea.
In concreto il Green pass contiene un Qr Code e andrà presentato all’ingresso nel paese di destinazione in modo da evitare quarantene o tamponi. Il certificato Covid digitale Ue conterrà solo informazioni necessarie quali il nome, la data di nascita, il soggetto che ha rilasciato il certificato e l’identificativo univoco del certificato. Inoltre darà informazioni sulla vaccinazione: tipo di vaccino e fabbricante, numero di dosi ricevute, data di vaccinazione. E sul tampone: tipo di test, data e ora del test, luogo e risultato. Stessa cosa per il certificato di guarigione: data del risultato positivo al test, periodo di validità.
In base ai dati epidemiologici attuali l’Italia rientra nelle zone verdi della mappa dell’Europa. Il che significa che sarà possibile muoversi liberamente dal nostro Paese nei 27 stati membri se in possesso del «Eu Digital Covid Certificate». Il documento eviterà infatti di essere sottoposti a test e/o quarantene all’interno dell’Unione.
Dal 18 giugno, l’elenco rivisto dalla Commissione Europea dei paesi terzi per i quali è opportuno sopprimere le restrizioni di viaggio è il seguente: Albania, Australia, Israele, Giappone, Libano, Nuova Zelanda, Repubblica della Macedonia del Nord, Ruanda, Serbia, Singapore, Corea del Sud, Thailandia, Stati Uniti d’America, Cina, previa conferma di reciprocità.
Tra i dibattiti delle ultime ore c’è poi quello relativo ai Paesi colpiti dalla variante Delta del virus (Regno Unito e Portogallo) e ai flussi di persone da e verso quei paesi . In particolare la decisione della Germania di vietare in toto l’ingresso alle persone provenienti dal Portogallo, considerato un paese dove la variante Delta è dominante, non è stata accettata da Bruxelles, che non la vede «in linea» con quanto stabilito tra gli Stati membri. Berlino imponendo uno stop ai viaggi avrebbe fatto infatti ricorso inopportunamente al «freno d’emergenza» previsto dal regolamento Ue . La Commissione Ue ha ricordato che: «gli Stati membri dovrebbero seguire l’approccio raccomandato, adottando misure rigide come la quarantena, ma evitare divieti di viaggi».
Tutti gli Stati membri sono chiamati a fornire soluzioni digitali per il rilascio gratuito del certificato Covid digitale Ue. In Italia si può ottenere i cinque modi:
– Sito nazionale dedicato www.dgc.gov.it. Dopo aver effettuato la vaccinazione, attualmente per l’Italia anche dopo la prima dose, il cittadino viene informato della disponibilità del Green pass con un sms o una mail contenenti un codice di autenticazione. Il codice a barre bidimensionale (QR code) si presenta con una firma digitale del Ministero della Salute per impedirne la falsificazione e potrà essere anche stampato. Dopo l’sms o la mail di avviso, ci si potrà collegare al sito tramite identità digitale (Spid) oppure con tessera sanitaria, e dopo aver inserito il codice ricevuto in precedenza, si potrà scaricare immediatamente la certificazione di Green Pass.
– App Immuni con un procedimento simile a quello adottato sul sito dedicato. La versione 2.5.0 dell’app introduce una nuova sezione che si chiama “EU Digital Covid Certificate“, all’interno della quale è possibile caricare il proprio certificato verde.
– App IO. Basterà installare l’app o aggiornarla accettando i nuovi termini e condizioni. Si potrà scaricare il Green Pass Covid-19 muniti di carta di identità elettronica rilasciata dal proprio comune di residenza o di un account Spid, il sistema pubblico di identità digitale che può essere attivato sul sito spid.gov.it.
– Fascicolo sanitario elettronico, a cui si può accedere in modalità differenti a seconda della propria Regione o Provincia autonoma di appartenenza. Dopo aver effettuato l’accesso il proprio fascicolo avrà i documenti già caricati dall’Azienda sanitaria di riferimento con eventuale tampone negativo, attestazione di avvenuta vaccinazione o di avvenuta guarigione.
– Dal medico di base, pediatri o farmacie. Una strada pensata per chi non ha dimestichezza con gli strumenti digitali e che munito di tessera sanitaria potrà rivolgersi ai propri medici di fiducia.
Per i vaccinati sarà valido 15 giorni dopo l’immunizzazione per 9 mesi. Per chi si sottopone al tampone durerà 48 ore in caso di test antigenico, 72 ore in caso di molecolare. Per chi ha contratto il virus varrà 180 giorni dall’11esimo giorno successivo al primo test positivo.
Il green pass europeo è pensato per certificare un ciclo vaccinale completo come raccomandato dalla Commissione europea. Molti dei 27 paesi però rilasciano un pass nazionale dopo una sola dose. Il che rischia di creare confusione. Il green pass italiano, ad esempio, viene emesso a 14 giorni dalla prima iniezione e vale per partecipare a matrimoni, eventi musicali e sportivi in Italia o per entrare in quei paesi che accettano certificati vaccinali «con una sola dose» (ad esempio la Croazia). La Commissione europea ha infatti dato massima libertà agli Stati membri nello stabilire le regole di ingresso raccomandando però di uniformarle da luglio e quindi far valere la regola del ciclo vaccinale completo.
Quando ad aprile il governo italiano discuteva per la prima volta di una certificazione verde nazionale, invogliare la popolazione alla vaccinazione era sembrata la massima priorità. Per questo la decisione fu quella di concedere il documento dal 14 giorno successivo alla somministrazione della prima dose. Una scelta diversa da quella adottata dall’Unione europea, che dal 1° luglio concederà il passaporto vaccinale solo a chi ha ricevuto entrambi le dosi di vaccino anti Covid. La differenza sta nella percentuale di copertura garantita contro il virus e le sue varianti, un aspetto da non sottovalutare soprattutto se si parla di viaggi e spostamenti.
Il pass accessibile a tutti gli immunizzati per metà aveva l’obiettivo non solo di promuovere la vaccinazione ma anche di consentire in generale maggiore libertà. Il pensiero era andato ad esempio ai vaccinati con AstraZeneca, con un secondo richiamo previsto dopo tre mesi dalla prima iniezione. Aspettare la seconda dose avrebbe costretto quei cittadini ad aspettare 90 giorni prima di avere il documento e quindi prima di poter tornare in una discoteca, a un evento, o spostarsi da una Regione all’altra. Sperare che una sola dose di vaccino possa contrastare le varianti vuol dire correre un rischio. Lo stesso rischio che il Regno Unito ha deciso di correre nei primi atti della sua campagna vaccinale, somministrando la prima dose di AstraZeneca a quante più persone possibili trascurando i richiami. Ritrovandosi, mesi dopo, con una capacità di risposta da parte del sistema immunitario del tutto insufficiente a soppiantare le varianti che si sono susseguite
Ora l’Italia medita di allinearsi all’Europa, dando il pass solo a chi ha fatto il richiamo. Ma cosa si fa con i più di 13 milioni di italiani che hanno scaricato il certificato dopo aver ricevuto la prima dose? Gli verrà comunque riconosciuto all’estero? Il Ministero della Salute con il ministro Roberto Speranza prende tempo, il Comitato tecnico scientifico per ora non commenta e il sottosegretario Pierpaolo Sileri invita a un urgente cambio di rotta.
C’è poi la questione dei vaccini ammessi. Come si legge sul sito della Commissione Europea dedicato al certificato verde: «Gli Stati membri dovranno accettare certificati vaccinali ottenuti con vaccini che hanno ricevuto l’autorizzazione al commercio nell’Unione europea». I paesi dell’Unione europea quindi dovrebbero concedere l’ingresso sul proprio territorio a persone vaccinate con uno dei quattro farmaci autorizzati dall’Agenzia europea per i medicinali (Ema) ovvero Pfizer, Moderna, AstraZeneca e Johnson&Johnson. Tuttavia alcuni Paesi membri hanno nell’elenco dei vaccini accettati anche il russo Sputnik mai validato dall’Ema. Il richiamo della Commissione si riferisce quindi anche alla necessità di armonizzare le regole in questa direzione. Un messaggio indirizzato in modo particolare all’Ungheria di Orbàn.
Il caso Green pass dimostra che sul coordinamento a livello europeo c’è ancora molto da lavorare. Al 30 giugno sono venti gli Stati membri che hanno già messo in piedi il sistema digitale per connettersi alla piattaforma Ue e che inizieranno subito a distribuire i pass. All’appello mancano però ancora Cipro, Ungheria, Malta, Irlanda, Paesi Bassi, Romania e Svezia.