Poliziotto per 22 anni, poi senatore dello Stato di New York, ex repubblicano. È un personaggio dinamico ma anche controverso Eric Adams che, vinte con un margine assai ristretto le primarie democratiche, quasi certamente a novembre diventerà il nuovo sindaco di New York, viste le ridottissime possibilità di successo del candidato repubblicano.
Sarà il secondo sindaco nero della città dopo David Dinkins. New York si mostra sensibile alle questioni sulla diversità ma non a quelle di gender: come per la Casa Bianca, l’appuntamento col primo cittadino di sesso femminile è rimandato per l’ennesima volta. Kathryn Garcia, l’ex responsabile dell’azienda municipalizzata dei rifiuti, è arrivata seconda per soli 8.400 voti. Il risultato delle primarie è arrivato circa due settimane dopo il giorno del voto perché per la prima volta si è votato col sistema del ranked-choice-voting, che richiede uno scrutinio lungo e complesso.
Da molte settimane Adams era il candidato favorito per via della sua popolarità come presidente del distretto di Brooklyn, che governava dal 2014, e della sua carriera nella polizia locale. Il New York Times scrive inoltre che «negli ultimi mesi della campagna elettorale un aumento delle sparatorie e degli omicidi ha spinto la sicurezza e il crimine in cima alle priorità degli elettori», cosa che alla fine ha avvantaggiato Adams, l’unico candidato ad avere un passato nelle forze dell’ordine. Una prima analisi dei flussi elettorali indica che Adams è stato il candidato più votato in tutti i distretti tranne quello centrale di Manhattan, e che ha ottenuto ampi consensi soprattutto dagli elettori ispanici e afroamericani non benestanti, oltre che dai bianchi moderati. È una base elettorale molto differente da quella che nelle ultime due elezioni per il sindaco aveva votato per Bill de Blasio, che viene dall’ala più radicale del partito.
Adams è stato un amministratore dinamico, anche se non sono mancati rilievi sotto il profilo etico per alcuni comportamenti disinvolti. È stato anche indagato per sospetti di corruzione: il caso più noto è quello dei contributi elettorali ricevuti dai lobbisti che hanno premuto per la trasformazione dell’ippodromo Aqueduct in casinò, un affare seguito personalmente dal politico democratico. Adams si è distinto anche per aver sostenuto coraggiosamente la causa dei matrimoni gay fin da quando la società ancora non li accettava e i parlamenti bocciavano la loro legalizzazione, ma anche per un brutto episodio del 1993: mentre faceva campagna elettorale per Dinkins, attaccò un suo avversario, il portoricano Herman Badillo, sostenendo che, se avesse avuto davvero a cuore gli ispanici, avrebbe dovuto sposare una donna latina e non una ebrea bianca.
Altre sortite discutibili riguardano in modo diretto le sue prospettive come amministratore di una metropoli gravemente ferita dal coronavirus. Un anno fa, criticando i fenomeni di gentrificazione che in alcuni quartieri facevano salire il costo della vita per l’afflusso di nuovi residenti, rivolse loro un invito piuttosto brusco: «Tornatevene in Iowa e in Ohio. New York appartiene a chi l’ha costruita». Ora dovrà amministrare una città alle prese col problema opposto: lo spopolamento perché molti, avendo scoperto di poter vivere lontano dalla costosa New York lavorando in remoto, se ne stanno davvero andando fuori città, magari anche in Ohio.
Le primarie dei Repubblicani sono state invece vinte da Curtis Silwa, il fondatore del gruppo di volontari di pubblica sicurezza Guardian Angels. Silwa ha ottenuto 40.751 voti, cioè il 68,1>% del totale, battendo un imprenditore di origini dominicane semi-sconosciuto. In tutto alle primarie dei Repubblicani hanno votato circa 60mila persone, contro le circa 945mila delle primarie dei Democratici.