«Al momento i dati non indicano il bisogno di una terza dose». Lo ha detto in una conferenza stampa Soumya Swaminathan, chief scientist dell’Oms, secondo cui la priorità al momento deve essere quella di aumentare le coperture nei Paesi che ancora non hanno avuto accesso ai vaccini. Secondo l’esperta iniziare con i ‘booster’ con buona parte del mondo ancora non immunizzata potrebbe essere addirittura controproducente: «Ci opponiamo fermamente alla terza dose per tutti gli adulti nei paesi ricchi, perché non aiuterà a rallentare la pandemia. Togliendo dosi alle persone non vaccinate i booster favoriranno l’emergere di nuove varianti».
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L’annuncio arriva proprio nelle settimane in cui alcune nazioni si sono mosse nella direzione opposta: in Israele la terza inoculazione è già iniziata da qualche settimana, mentre gli Stati Uniti attendono il 20 settembre per cominciare. E se anche in Italia il Cts si è detto favorevole alla terza inoculazione, per l’Organizzazione Mondale della Sanità la priorità deve essere quella di rivolgere gli sforzi ai Paesi meno immunizzati, ovvero quelli più poveri, per aumentare la loro copertura contro il Covid.
La posizione è stata ribadita da Bruce Aylward, un altro esperto dell’Oms. «Ci sono abbastanza vaccini per tutti, ma non stanno andando nel posto giusto al momento giusto. Due dosi devono essere date ai più vulnerabili in tutto il mondo prima che i richiami vengano dati a chi ha completato il ciclo, e siamo ben lontani da questa situazione».
Il problema è che a soffrire maggiormente della mancanza di vaccini sono proprio le nazioni più povere e popolose, e il divario tra Paesi ricchi e Paesi poveri è incolmabile: le 50 nazioni più povere del mondo hanno ricevuto solo il 2% delle dosi disponibili. E costituiscono il 20% della popolazione mondiale. A denunciare quella che sembra un’apartheid vaccinale è stato il British Medical Journal (Bmj). Mentre il Regno Unito ha vaccinato il 60% della popolazione ed è pronto a iniziare la somministrazione del “booster” da settembre, in Uganda solo l’1% della popolazione è immunizzata.
Nella lotta mondiale al Covid il vantaggio sta tutto dalla parte dei Paesi più ricchi, perché grazie alle loro risorse economiche diventano gli interlocutori privilegiati delle case farmaceutiche, per esempio Pfizer e Moderna: il 90% delle loro fiale, infatti, sono state acquistate dalle nazioni più ricche. Vaccini che, come denunciava Oxfam nelle settimane scorse, vengono venduti fino a 24 volte il loro costo di produzione. E Covax, l’organizzazione che dovrebbe consentire ai Paesi in via di sviluppo l’accesso ai vaccini, ha pagato le dosi di Pfizer in media 5 volte di più del loro potenziale costo di produzione. A questo si deve sommare il fatto che Covax ha incontrato molte difficoltà nella distribuzione dei vaccini alle popolazioni più povere proprio perché i Paesi più ricchi riuscivano a comprare la maggior parte delle dosi per loro.