Anche l’ultimo soldato americano ha lasciato l’Afghanistan. Finisce così quella che chiamano «la guerra più lunga» condotta dagli Stati Uniti in epoca moderno-contemporanea, a capo di una coalizione internazionale che ha compreso anche l’Italia, per ben vent’anni. Intorno a mezzanotte (ora locale) un aereo C-17 ha trasportato fuori dal paese l’ambasciatore degli Stati Uniti accompagnato da alcune decine di soldati. Resteranno a Kabul alcuni diplomatici per fornire assistenza a chi abbia diritto a lasciare l’Afghanistan, da metà agosto sotto il pieno controllo dei talebani.
Rispettando gli impegni presi che prevedevano il completamento delle operazioni entro il 31 agosto viene sancita la fine di un ventennio di guerra voluta dall’amministrazione di George W. Bush e criticata dai presidenti Barack Obama e Donald Trump. I talebani hanno festeggiato sparando con le mitragliatrici verso il cielo alla partenza dell’ultimo aereo Usa e hanno subito preso il pieno controllo dell’aeroporto. «L’Afghanistan è finalmente indipendente», ha dichiarato il portavoce dei Talebani Zabihullah Mujahid.
The last American soldier to leave Afghanistan: Maj. Gen. Chris Donahue, commanding general of the @82ndABNDiv, @18airbornecorps boards an @usairforce C-17 on August 30th, 2021, ending the U.S. mission in Kabul. pic.twitter.com/j5fPx4iv6a
— Department of Defense 🇺🇸 (@DeptofDefense) August 30, 2021
Gli Stati Uniti hanno lasciato il paese dopo averlo invaso militarmente con i loro alleati nel 2001, in seguito agli attentati dell’11 settembre e in quello che secondo il presidente di allora, George W. Bush, sarebbe dovuto essere il primo conflitto della “guerra contro il terrorismo”. Negli anni seguenti diventò sempre più evidente la difficoltà di imporre dall’esterno un governo al paese, così come quella di contrastare efficacemente i talebani, ora nuovamente al potere. Secondo molti analisti e osservatori, in 20 anni di presenza occidentale per l’ennesima volta in Afghanistan si è ripetuta una storia di invasione e di tentativi falliti di dare un nuovo assetto politico e sociale al paese.
Circa un anno e mezzo fa l’allora presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, aveva stretto un accordo con i talebani per abbandonare il paese entro il primo maggio del 2021. I talebani si erano impegnati in cambio a interrompere gli attacchi contro la popolazione afgana e i soldati statunitensi, e a impedire a gruppi terroristici come al Qaida di usare il paese come base per le proprie attività. Avevano dalla loro un buon potere contrattuale, guadagnato negli ultimi anni grazie alla riconquista di ampie porzioni di territorio sul quale riuscivano a esercitare il loro controllo. A inizio anno il nuovo presidente statunitense, Joe Biden, aveva deciso di mantenere l’impegno preso da Trump per abbandonare il Paese, ma aveva concordato un prolungamento della permanenza del personale militare e di servizio fino alla fine dell’estate.
La situazione in Afghanistan si era intanto evoluta velocemente: i talebani avevano iniziato a conquistare alcune delle più importanti città del paese fino a controllarlo tutto, incontrando scarsa resistenza dall’esercito afgano, formato e armato dagli Stati Uniti e finanziato con miliardi di dollari. A luglio erano iniziate le prime attività di evacuazione tramite l’aeroporto di Kabul per i cittadini stranieri e per quelli afgani che ne avevano diritto, per esempio perché collaboratori da lungo tempo della missione militare. Fino a quel momento erano avvenute senza particolari problemi, ma le cose erano drammaticamente cambiate il 15 agosto, con la conquista da parte dei talebani di Kabul.
Temendo il ritorno di un regime sanguinario, decine di migliaia di persone si erano ammassate intorno all’aeroporto chiedendo di poter lasciare il paese. Nelle due settimane seguenti, gli Stati Uniti e gli altri paesi occidentali avrebbero lavorato senza sosta per trasferire quante più persone possibili, in condizioni molto difficili e con il costante rischio di attacchi esplosivi. Nel pomeriggio di giovedì 26 agosto un attentato all’aeroporto, poi rivendicato dallo Stato Islamico (Isis-K) aveva causato la morte di oltre 170 persone e di 13 membri dell’esercito statunitense. Nei giorni seguenti l’intelligence statunitense ha poi annunciato di avere sventato altri attacchi, distruggendo un convoglio che trasportava esplosivi verso Kabul e intercettando e abbattendo alcuni razzi diretti verso l’aeroporto. Gli Usa stimano di avere trasportato fuori dall’Afghanistan almeno 123mila civili.
Il segretario di Stato statunitense, Anthony Blinken, ha commentato la fine della missione in Afghanistan definendola una «gigantesca operazione militare, diplomatica e umanitaria» e ha detto che nel paese è «iniziato un nuovo capitolo», nel quale gli Stati Uniti avranno un ruolo diplomatico e non più militare. Blinken ha comunque ammesso che occorrerà del tempo per verificare che i talebani mantengano i propri impegni, sia nel garantire la libera circolazione delle persone, sia nel mantenere i diritti civili della popolazione e nell’ostacolare le attività delle organizzazioni terroristiche.
.@SecBlinken: More than 123,000 people have been safely flown out of Afghanistan. That includes about 6,000 American citizens. This has been a massive military, diplomatic, and humanitarian undertaking – one of the most difficult in our nation’s history. pic.twitter.com/jOF9t6NFgI
— Department of State (@StateDept) August 31, 2021