Mentre in Italia il commissario per l’emergenza Francesco Paolo Figliolo annuncia che le somministrazioni delle terze dosi inizieranno il 20 settembre, uno studio pubblicato su Lancet avverte che «i dati attualmente disponibili sull’efficacia del vaccino anti-Covid non supportano la necessità di una terza dose per la popolazione generale». A firmare l’analisi un gruppo internazionale di scienziati, fra questi anche alcuni componenti dell’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) e dell’Fda americana (Food and drug administration).
I dettagli del nuovo piano in Italia saranno definiti nella circolare a cui sta lavorando il ministro della Salute, Roberto Speranza, e che dovrebbe essere pubblica nei «primissimi giorni della prossima settimana» per partire con le somministrazioni nella terza decade di settembre. I primi richiami saranno riservati alla «persone con fragilità immunitaria, ossia pazienti oncologici, trapiantati», circa 2,3 milioni di individui. La Rete Nazionale Trapianti del ministero della Salute indica infatti che nel 2020 le persone seguite in Italia dopo un trapianto sono oltre 45.000 e il sito Epicentro dell’Istituto Superiore di Snità indica che i pazienti oncologici in Italia sono oltre 2,250 milioni. Sono numeri indicativi in quanto, come aveva detto nei giorni scorsi il direttore della Prevenzione del ministero della Salute, Gianni Rezza, «la circolare sarà generica, ma seguiranno note tecniche e dettagli per la migliore definizione delle categorie di immunocompromessi». Si passerà poi a somministrare la terza dose a «over 80 e operatori sanitari», aveva detto ancora Rezza.
Anche se dallo studio pubblicato su Lancet emerge che non ci sono prove scientifiche per una terza dose generalizzata. Gli autori spiegano che, anche contro la variante Delta di Sars-CoV-2, l’efficacia dei vaccini Covid-19 è tale da rendere «non appropriate» dosi vaccinali di richiamo per tutti. Lo studio esamina decine di ricerche pubblicate su riviste internazionali. Quello che emerge è che i vaccini contro Covid-19 continuano ad essere estremamente efficaci contro la malattia grave, comprese quelle provenienti da tutte le principali varianti virali. Facendo la media dei risultati riportati dalle ricerche, la vaccinazione ha avuto un’efficacia del 95% contro la malattia grave da Sars-CoV-2, dovuta sia alla variante Delta che alla variante Alfa, e oltre l’80% di efficacia nel proteggere contro qualsiasi infezione da queste varianti.
«Presi nel loro insieme, gli studi attualmente disponibili non forniscono prove sufficienti di un sostanziale calo della protezione vaccinale nei confronti della malattia grave, e quindi dell’ospedalizzazione, che è l’obiettivo primario della vaccinazione. Anche se alla fine si può ottenere un certo guadagno dalla terza dose, non verranno mai superati i vantaggi di fornire una protezione a tutti quelli che non si sono ancora vaccinati o non lo sono in maniera completa. Se i vaccini vengono distribuiti dove farebbero meglio, potrebbero accelerare la fine della pandemia inibendo l’ulteriore evoluzione delle varianti», spiega la coordinatrice della ricerca Ana-Maria Henao-Restrepo, dell’Oms.
Gli autori ricordano che anche se i livelli di anticorpi negli individui vaccinati diminuiscono nel tempo, ciò non implica necessariamente una riduzione dell’efficacia dei vaccini contro la malattia grave. Questo potrebbe essere dovuto al fatto che la protezione contro le forme gravi è mediata non solo dalle risposte degli anticorpi, che potrebbero essere di durata relativamente breve per alcuni vaccini, ma anche dalle risposte della memoria e dall’immunità cellulo-mediata, che sono generalmente di più lunga durata. Quindi, sostengono ancora gli esperti, la priorità è raggiungere chi non si è ancora immunizzato. E, qualora si dovesse decidere per una terza dose, la questione andrà valutata caso per caso.