Periodicamente torna nel dibattito politico la necessità di introdurre un salario minimo per i lavoratori, cioè una cifra minima che deve essere corrisposta per ogni ora di lavoro per cui non sia già prevista una retribuzione minima da parte dei contratti collettivi nazionali. Ma nonostante la proposta sia stata avanzata dal segretario del Partito Democratico, Enrico Letta e dal leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, i principali partiti di maggioranza, con la sponda della Cgil. Ma non è detto che si concretizzerà presto, perché non rientra tra le priorità economiche del presidente del Consiglio Mario Draghi.
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In Italia oggi non esiste un salario minimo. Le retribuzioni minime vengono garantite con i contratti collettivi nazionali, cioè gli accordi sottoscritti tra sindacati e associazioni di imprenditori con cui vengono stabilite le retribuzioni minime dei lavoratori nei vari settori. L’Italia è uno dei paesi dove è più diffusa la copertura dei contratti nazionali, che riguarda circa l’85% dei lavoratori. Il salario minimo, quindi, riguarderebbe il restante 15% formato soprattutto dai lavoratori nelle condizioni più difficili.
Già Matteo Renzi nel 2018, quando era segretario del Pd, aveva proposto l’introduzione del salario minimo, l’anno successivo ne aveva parlato anche il suo successore Nicola Zingaretti, ma in entrambi i casi non se n’era fatto nulla. La proposta è stata ripresa questa settimana dal segretario della Cigl Maurizio Landini, che durante un evento organizzato dal suo sindacato a Bologna ha detto che le conseguenze economiche della pandemia da coronavirus rischiano di provocare una forte diminuzione dei salari, e dunque è necessario trovare dei sistemi di garanzia dei lavoratori. Nello stesso evento anche Letta e Contesi sono detti d’accordo con l’opportunità di introdurre un salario minimo. Letta ha detto che «è tempo di introdurre il dibattito sul salario minimo, è un tema europeo», mentre Conte l’ha definita «una battaglia di cui siamo convinti».
Anche Pasquale Tridico, il presidente dell’Inps, ha detto che «il salario minimo per i giovani è determinante, così come anche per le donne», ha aggiunto che la sua introduzione potrebbe portare a un aumento della produttività, ed è inoltre stato anche l’unico a proporre di fissare una retribuzione minima a 9 euro lordi l’ora.
Nonostante goda del sostegno di molti esponenti politici, la proposta di introduzione del salario minimo negli ultimi anni ha spesso trovato numerose resistenze sia da parte degli imprenditori sia da parte dei sindacati. I primi temono che l’aumento del costo del lavoro (cioè l’ammontare complessivo delle spese sostenute da un’azienda per i suoi lavoratori, che comprende salari, imposte e altre spese) metta le loro aziende fuori mercato nei confronti di quelle estere. Secondo uno studio del 2019 citato dal Sole 24 Ore, con un salario minimo di 9 euro lordi l’ora il costo medio del lavoro aumenterebbe del 20 per cento. Anche i sindacati guardano alla proposta con un certo sospetto, perché temono che possa comportare una riduzione del loro coinvolgimento nelle contrattazioni tra lavoratori e aziende.