La campagna vaccinale avanza, ma contro il coronavirus i ricercatori non cercano solo armi di prevenzione. Diverse case farmaceutiche stanno studiando farmaci antivirali efficace per il trattamento dei sintomi più gravi. Dall’inizio della pandemia, la prova più dura è toccata agli ospedali, con terapie intensive al collasso. Una pillola da prendere a casa, in grado di placare anche le manifestazioni più severe del virus significherebbe allentare il carico sanitario, riducendo le ospedalizzazioni.
Merck ha pubblicato i primi risultati della sperimentazione della pillola anti-Covid molnupiravir che hanno mostrato una riduzione del 50% dei ricoveri e dei decessi a causa della malattia, quando somministrato a soggetti ad alto rischio nelle prime fasi dell’infezione virale. Il molnupiravir è una pillola da somministrare per via orale, con due assunzioni al giorno per cinque giorni nella prima fase della malattia. Il farmaco ha la capacità di impedire al coronavirus di replicarsi, riducendo quindi sensibilmente la sua circolazione nell’organismo e aiutando il sistema immunitario a tenerlo sotto controllo. Tra i volontari positivi al tampone e a rischio di ammalarsi gravemente, Molnupiravir ha dimezzato il rischio di ricovero (7,3% rispetto al 14,1% dei volontari che avevano preso il placebo). Otto persone sono morte di Covid con il placebo, nessuna con molnupiravir. Questo ha spinto l’Fda a interrompere il test in anticipo, per l’evidenza dei benefici.
La casa farmaceutica ha espresso l’intenzione di richiedere l’autorizzazione all’uso di emergenza alla Fda nel più breve tempo possibile e, allo stesso tempo, richiedere l’autorizzazione ad altre agenzie regolatorie a livello mondiale. Tra un mese la pillola potrebbe essere disponibile negli Usa. L’Agenzia europea per i medicinali dovrebbe seguire subito dopo, con un paio di settimane di scarto. Da noi molnupiravir potrebbe arrivare a metà-fine novembre. Se Molnupiravir fosse davvero sicuro, potrebbe essere assunto ai primissimi sintomi, ancor prima di una conferma dell’infezione con il tampone. Il tempismo, con i farmaci antivirali, è importantissimo. La loro efficacia si riduce infatti quando il coronavirus ha avuto già il tempo di replicarsi nell’organismo. La semplicità di assunzione di molnupiravir farebbe la differenza rispetto agli altri trattamenti già usati per aggredire il virus: gli anticorpi monoclonali e il Remdesivir. I primi vengono somministrati a pazienti a rischio di ammalarsi gravemente, spesso segnalati dai medici di famiglia. E lo stesso Remdesivir che è un antivirale, va somministrato per endovena, in ospedale.
Gli antivirali allo studio contro il Covid sono circa 250, ma 3 sono in fase di sperimentazione avanzata. Oltre a Molnupiravir, sono in arrivo nella prima metà del 2022 altre due pillole una prodotta da Pfizer e una da Roche. Le pillole vengono prima testate sui pazienti infetti. Parallelamente però sono in corso dei test anche sui contatti stretti dei casi positivi. Si cerca di capire se — qualora fosse confermata l’assenza di effetti collaterali — convenga somministrare il prima possibile un antivirale ai familiari di un contagiato, o ai suoi contatti stretti, ad esempio a scuola o sul lavoro, ancora prima che il tampone dia risultato positivo o compaiano i sintomi. Rispetto ai vaccini, gli antivirali hanno pregi e difetti. Fra i pregi: funzionano anche su persone immunodepresse, perché non stimolano il sistema immunitario ma danneggiano direttamente il virus e il suo sistema di replicazione. Il difetto è che sono più complessi da mettere a punto dal punto di vista chimico, e da testare. Vanno poi presi immediatamente dopo il contagio, altrimenti diventano inutili.
Pfizer non si tira indietro neanche nel campo dello sviluppo di un farmaco antivirale. Due le ipotesi allo studio, in fase già avanzata: una compressa che può essere presa a casa e un’infusione endovenosa per i pazienti affetti da malattie più gravi. I farmaci agiscono bloccando l’attività della proteasi Covid, un enzima di cui il virus ha bisogno per replicarsi nell’organismo. Anche la società farmaceutica svizzera Roche sta lavorando con Atea Pharmaceuticals su un antivirale orale che ritiene abbia un duplice potenziale: curare le persone con Covid-19 e prevenire le malattie nelle persone che sono state esposte al virus.