Dodici Paesi dell’Ue su 27 hanno inviato una lettera alla Commissione europea e alla presidenza di turno del Consiglio europeo per chiedere che vengano utilizzati nuovi strumenti per proteggere le frontiere esterne dai flussi migratori incontrollati provenienti da Africa e Medio Oriente, anche col finanziamento di nuove recinzioni e barriere. In una lettera datata 7 ottobre e citata da Eu Observer, i ministri scrivono: «Le barriere fisiche sembrano essere un’efficace misura di protezione che serve gli interessi dell’intera Ue, non solo dei Paesi membri di primo arrivo. Questa misura legittima dovrebbe essere finanziata in modo aggiuntivo ed adeguato attraverso il bilancio Ue come questione urgente».
I ministri dell’Interno di Austria, Cipro, Danimarca, Grecia, Lituania, Polonia, Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia e Slovacchia chiedono «nuovi strumenti che permettano di evitare, piuttosto che affrontare in seguito, le gravi conseguenze di sistemi migratori e di asilo sovraccarichi e capacità di accoglienza esaurite, che alla fine influiscono negativamente sulla fiducia nella capacità di agire con decisione quando necessario». I Paesi Baltici e la Polonia sono in queste settimane sotto pressione per i migranti spinti al confine dal dittatore bielorusso Alexander Lukashenko con l’obiettivo di destabilizzare l’Unione. Polonia e Lituania stanno già erigendo barriere difensive al confine con la Bielorussia.
Al momento, però, dalla Commissione non arriva alcuna apertura verso un cambio di strategia su posizioni più restrittive. Anzi, la commissaria agli Affari Interni, Ylva Johansson, ha spiegato che «ci sono forti pressioni migratorie: abbiamo l’aggressione di Lukashenko, un aumento degli arrivi attraverso il Mediterraneo e la rotta atlantica e anche un aumento dei movimenti secondari nell’Unione europea», perciò occorre «fare progressi sul Patto sull’immigrazione e l’asilo» che contiene «tutti i componenti per essere in grado di gestire la migrazione in un modo molto migliore».
A partire dal 2018 si sono moltiplicate in Europa le barriere fisiche ai confini esterni dell’Unione. La più lunga, attualmente corre alla frontiera tra Bulgaria e Turchia e misura 235 chilometri. Altri 40 chilometri di barriere sono state realizzate al confine tra Grecia e Turchia, nella zona del fiume Evros uno dei punti di passaggio più battuti dai migranti. Qui le autorità di Atene avevano pensato di installare anche delle «barriere sonore»: apparecchi acustici in grado di emettere rumori ad un altissimo numero di decibel per ostacolare il passaggio del confine. La zona dei Balcani è quella più interessata al «fiorire» dei muri: ne sono sorti tra Slovenia e Croazia, tra Macedonia del Nord e Grecia oltre che tra Serbia e Ungheria. Uno sbarramento è in fase di realizzazione anche tra Lituania e Bielorussia; altrettanto si appresta a fare la Polonia mentre anche la Spagna ha rinforzato reti e filo spinato nelle sue due enclavi di Ceuta e Melilla in territorio africano. Infine la Francia ha intenzione di blindare i suoi confini attorno al porto di Calais.