Amazon, Facebook, Google. I colossi del web, come per tutte le multinazionali che hanno la sede fiscali dove la tassazione è molto bassa, non hanno più scampo. Con un accordo definito storico dall’Ocse, 136 Paesi hanno raggiunto un’intesa sulla Global tax, che impone a partire dal 2023 una tassazione minima del 15% sulle grandi multinazionali. Di fatto, un sistema di tassazione internazionale che mira a combattere i paradisi fiscali.
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Dopo anni di negoziati, l’intesa è stata resa possibile grazie all’adesione di Irlanda, Estonia e Ungheria, che per lungo tempo si erano opposte. Gli unici quattro Paesi che non hanno aderito sono Kenya, Nigeria, Pakistan e Sri Lanka. I restanti 136 che hanno detto sì, tra cui l’Italia, «rappresentano oltre il 90% del Pil mondiale», precisa l’Ocse, aggiungendo che l’intesa consentirà «di riattribuire a Paesi del mondo intero i benefici per oltre 125 miliardi di dollari realizzati da 100 aziende multinazionali tra le più grandi e più redditizie al mondo». L’obiettivo è fare in modo «che queste società possano onorare la propria giusta parte fiscale qualunque siano le giurisdizioni in cui esercitano le loro attività e realizzano benefici».
In pratica si impone infatti il diritto di tassazione sulle multinazionali dai loro paesi d’origine ai mercati in cui hanno attività commerciali e realizzano profitti, indipendentemente dal fatto che le imprese abbiano una presenza fisica. L’accordo sulla Global minimum tax non cerca di eliminare la concorrenza fiscale, ma pone limiti concordati a livello multilaterale su di essa e vedrà i Paesi raccogliere circa 150 miliardi di dollari di nuove entrate ogni anno. Si prevede che i guadagni delle entrate dei paesi in via di sviluppo saranno maggiori di quelli delle economie più avanzate, in proporzione alle entrate esistenti.
Con il via libera di Dublino l’intesa viene ormai sostenuta da tutti i 38 Paesi membri dell’Ocse, dell’Unione Europea e del G20. Basato su due pilastri, l’accordo viene annunciato a pochi giorni dal G20 dei ministri delle Finanze previsto a Washington il 13 ottobre e soprattutto dal vertice del G20 di Roma di fine mese. «Si tratta di un accordo di grande portata – spiega il segretario generale dell’Ocse, Mathias Cormann – che garantisce che il nostro sistema fiscale internazionale si adatti ad un’economia globale digitale. Adesso dobbiamo lavorare con diligenza per garantire l’attuazione effettiva di questa riforma maggiore».