Con la scadenza a fine 2021 di Quota 100 la maggioranza dovrà trovare in vista dell’approvazione della manovra da 23 miliardi una soluzione sulle pensioni per non tornare alla legge Fornero. La Lega ha espresso una “riserva politica” nei confronti della proposta avanzata dal ministro dell’Economia Daniele Franco: procedere con la cosiddetta quota 102 (cioè l’uscita dal lavoro con 64 anni d’età più 38 di contributi) nel 2022 per poi arrivare a quota 104 nel 2023.
L’unica certezza, al momento, è che Quota 100, il provvedimento introdotto nella manovra 2019 da Lega e M5s nel primo governo Conte, scadrà a fine 2021 e non verrà rinnovata. Allo stato delle cose, con la scadenza dello scivolo gialloverde si tornerebbe alla sola legge Fornero, un’ipotesi che le parti politiche vogliono scongiurare. Per questo sul tavolo c’è la proposta di una fase transitoria con Quota 102, per poi adottare una riforma più complessiva tra due anni. L’ipotesi però non sembra piacere né alla Lega, che chiede più flessibilità e di mantenere per alcune categorie Quota 100, né al centrosinistra, che vorrebbe un meccanismo più selettivo di sostegno a chi svolga lavori usuranti e alle donne.
Il meccanismo della nuova proposta sarebbe lo stesso di Quota 100. La misura, attiva dal 2019 al 2021, consente l’uscita anticipata dal mondo del lavoro per tutti coloro che hanno almeno 38 anni di contributi con un’età anagrafica minima di 62 anni. Ad esempio, un lavoratore con 39 anni di contributi ma 61 anni di età dovrà attendere un anno per presentare domanda. Per quanto riguarda l’importo della pensione non ci sono penalizzazioni, se non quelle ovviamente dovute al minor montante contributivo (data l’uscita anticipata). Adottando l’ipotesi di Quota 102, che sarebbe attiva fino a fine 2023, si permetterebbe ai lavoratori di andare in pensione con almeno 38 anni di contributi e minimo 64 anni d’età (102 anni in totale invece di 100) Pper poi passare a quota 104 l’anno successivo, nel 2023. La platea dei lavoratori che potrebbe andare in pensione con Quota 102 – secondo fonti sindacali – è di circa 50mila persone ogni anno.
Senza uno strumento ponte che consenta l’uscita anticipata con dei requisiti intermedi, si tornerebbe allo scalone della legge Fornero, così chiamata dal nome della ministra del Lavoro del governo Monti che la varò nel 2011. Per la pensione per vecchiaia sono previsti un minimo di 67 anni di età, per quella anticipata almeno 42 anni e 10 mesi di contributi (uno in meno per le donne).
Anche altre opzioni sono state esplorate per il fronte pensioni, tra cui l’Ape contributivo, come è stata ribattezzata la proposta del presidente dell’Inps Pasquale Tridico in base alla quale si consentirebbe l’uscita anticipata da 63-64 anni con una penalizzazione dell’assegno fino al raggiungimento dei 67 anni. Un’altra ipotesi che si era fatta strada era stata rinominata “Quota 41” e avrebbe previsto l’uscita dal mondo del lavoro con 41 anni di contributi. La misura però non sarebbe ritenuta percorribile perché troppo costosa. Si continua anche a discutere dell’ampliamento a nuove categorie dell’Ape social e la proroga di Opzione donna.