Microchip, batterie, rasoi e pannolini. Ma anche panettoni e altri generi alimentari. La carenza di materie prime, già responsabile dell’aumento delle tariffe di luce e gas, comincia a produrre i suoi effetti anche sui prezzi dei prodotti di largo consumo. L’emergenza energetica, con le tariffe di luce e gas che a partire da ottobre hanno subito un incremento rispettivamente del +29,8% e del +14,4% ha determinato maggiori costi a carico di industrie e imprese. Poi c’è il caro benzina: la verde costa oggi il 25% in più rispetto all’anno scorso, così come il gasolio. E questi prezzi finiscono per determinare anche ritocchi al rialzo dei listini al dettaglio dei prodotti trasportati (in Italia l’85% della merce viaggia su gomma).
Nel settore alimentare produttori e distributori hanno segnalato i rincari dei prezzi delle materie prime (farine, oli, burro, ecc.) che potrebbero determinare incrementi dei listini al dettaglio per una moltitudine di prodotti trasformati. «Il boom delle quotazioni per i prodotti energetici e le materie prime si riflette sui costi di produzione del cibo ma anche su quelli di confezionamento, dalla plastica per i vasetti dei fiori all’acciaio per i barattoli, dal vetro per i vasetti fino al legno per i pallet da trasporti e alla carta per le etichette dei prodotti che incidono su diverse filiere». Il risultato, secondo Coldiretti, «è che, ad esempio, in una bottiglia di passata di pomodoro da 700 ml in vendita mediamente a 1,3 euro oltre la metà del valore (53%) è il margine della distribuzione commerciale con le promozioni, il 18% sono i costi di produzione industriali, il 10% è il costo della bottiglia, l’8% è il valore riconosciuto al pomodoro, il 6% ai trasporti, il 3% al tappo e all’etichetta e il 2% per la pubblicità».
I consumatori lanciano l’allarme “caro Natale”. Secondo il Codacons, che ha realizzato uno studio per verificare come le tensioni nel settore energetico e delle materie prime potrebbero incidere sulle spese quotidiane delle famiglie, c’è la possibilità che le prossime festività costeranno agli italiani quasi 1,4 miliardi in più rispetto al 2019. Con una stima anche solo prudenziale dei rincari, secondo i consumatori solo per il tradizionale cenone e pranzo di Natale le famiglie si ritroverebbero con una spesa di 900 milioni per pesci carni e salumi (+2,5%), di 430 per vino e bevande (+1,5%), di 480 per ortaggi, frutta fresca e secca(+2,7%); di 300 per pandori, panettoni e dolci lievitati (+10); di 330 per pasta e pane (+10%).
L’agenzia di stampa Ansa spiega che big del comparto come Procter & Gamble hanno già annunciato l’aumento dei prezzi di listino per i pannolini. Ma ora incrementerà anche il prezzo dei prodotti per la cura orale e della pelle. Anche Unilever ha annunciato aumenti di prezzi per i suoi prodotti. Se l’allarme viene dagli Usa e Europa questo rischio appare ancora più contenuto, a giudicare dall’impennata dei costi alla produzione a cui si è assistito a settembre (+14,2% in Germania) e dal probabile mantenimento su livello di prezzo elevati per materie prime e beni energetici anche il prossimo anno, potrebbe essere solo una questione di tempo prima di assistere a una generale tendenza ai rialzi.
Per adesso i rincari riguarderanno prodotti come microchip, batterie, rasoi. Oltre ad auto, telefoni e playstation. Analisti, operatori industriali e finanziari guardano preoccupati alla situazione, chiedendosi quanto tempo impiegherà il forte rialzo dei prezzi delle materie prime a tradursi in un generalizzato aumento dell’inflazione, mettendo in dubbio la temporaneità di quanto sta succedendo. Il timore è che si sia solo all’inizio di una fase di generale rincaro dei prezzi. Ma la presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde , ha definito l’inflazione in salita come «in gran parte transitoria».