Via libera definitivo del Senato al Ddl per le pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo, a partire dalla parità salariale. La norma è stata approvata all’unanimità dalla commissione Lavoro di Palazzo Madama senza modifiche rispetto al testo accolto dall’aula della Camera due settimane fa. Si apprestano dunque a entrare in vigore le modiche al Codice sulle pari opportunità promosse dalle deputate del Pd Chiara Gribaudo e Valeria Fedeli con l’intento di contrastare il fenomeno del gender pay gap. Tra le principali novità, non solo incentivi all’assunzione di personale femminile e sgravi fiscali fino a 50mila euro per chi adotta politiche utili a conciliare tempi di vita e di lavoro delle lavoratrici, ma anche l’introduzione di una certificazione biennale obbligatoria in cui siano indicate le condizioni contrattuali dei dipendenti.
Colmare il gender gap resta un miraggio ancora lontano per le donne. A raccontarlo è un nuovo report dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani dell’Università Cattolica diretto da Carlo Cottarelli. Il dato che più colpisce è la differenza di salario tra una laureata e un laureato magistrale, a cinque anni dal conseguimento del titolo, è di quasi 300 euro (293 euro), ovvero il 21% del salario femminile, che si ferma a 1.403 euro a fronte dei 1.696 dei colleghi uomini. L’abisso medio più ampio tra salari maschili e femminili si registra tra chi lavora nel settore delle Tecnologie Itc: ben 250 euro. Il gap si riduce a 200 se parliamo di Economia, e a 100 euro per medicina e farmacia.
La legge, di iniziativa parlamentare è frutto di un testo unificato a partire da proposte delle diverse forze politiche, rafforza le disposizioni relative alla relazione biennale alle camere sull’applicazione della legislazione in materia di parità e pari opportunità sul lavoro. Il provvedimento interviene poi, ampliandole, sulle nozioni di discriminazione diretta e indiretta in ambito lavorativo previste dal codice. Per aumentare trasparenza e comparabilità, viene ampliato dalle imprese con più di 100 dipendenti alle imprese dai 50 dipendenti in su l’obbligo di presentare il rapporto periodico sulla situazione del personale maschile e femminile. Per le altre imprese sarà facoltativo.
Il cardine della misura è rappresentato, appunto, dalla cosiddetta “certificazione della parità di genere”: una sorta di bollino di qualità per le aziende che operano per ridurre il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità. Viene demandata la disciplina di dettaglio a dpcm e vengono previste premialità. È inoltre introdotto per il 2022 uno sgravio contributivo entro il tetto complessivo di 50 milioni e il limite di 50mila euro e un punto percentuale per azienda. La prosecuzione negli anni successivi di tale agevolazione è legata al reperimento delle relative coperture.
Infine viene estesa alle aziende pubbliche la normativa delle legge Golfo-Mosca sulle quote rosa negli organi collegiali di amministrazione delle società quotate (quota di due quinti al genere meno rappresentato per sei mandati consecutivi).