Si scrive Ddl Zan, si legge trattative per il Quirinale. Per quanto sulla manovra di bilancio si affaccino alcune ombre, in Parlamento non ci saranno problemi. È invece una procedura a votazione segreta, su un tema che divide, l’occasione perfetta per consumare le prime manovre tattiche per la battaglia del Quirinale.
Ora che la “tagliola” ha spezzato l’asse giallorosso le analisi si sprecano, così come il reciproco scambio di accuse. Da un lato Lega e Italia viva puntano il dito contro «l’arroganza» del Partito democratico di voler forzare la mano e non aprire una trattativa. Dall’altro i dem accusano l’ex segretario Matteo Renzi, avanzando il sospetto che più di un senatore di Iv abbia votato a favore della procedura parlamentare richiesta da Lega e Fratelli d’Italia.
Tralasciando le accuse reciproche su chi ha affossato il ddl Zan il messaggio che emerge oggettivamente dalla votazione del Ddl Zan in Senato è chiaro: i numeri sulla carta non tengono, fine legislatura si avvicina e con il voto segreto può accadere più o meno di tutto. Nelle elezioni del Quirinale, in assenza di una maggioranza autosufficiente in parlamento in seduta comune (quindi comprendente anche le delegazioni regionali) o di un nome che metta d’accordo tutti, si può dare per scontato un consistente ruolo dei “franchi tiratori”.
Molti parlamentari interpretano il flop del ddl Zan come l’antipasto per chi continua a ripetere che nelle trattative per la scelta del nuovo presidente della Repubblica si può comporre un asse che tenga insieme il centrodestra con Italia viva di Matteo Renzi. Nelle intenzioni dei renziani, è questo il sospetto, ci sarebbe quello di far saltare il progetto del campo largo accarezzato dal segretario Pd Enrico Letta e, contemporaneamente, eleggere il presidente della Repubblica assieme al centrodestra. Per questo nel Pd già c’è chi chiede di tagliare definitivamente i ponti con i renziani, così da non prestare il fianco a nuove trappole.