Roma è pronta a ospitare il G20, la conferenza dei leader delle venti economie più sviluppate del pianeta. Clima, vaccini e ripresa post-pandemica al centro dell’agenda del capi di Stato riuniti nel vertice in programma nel fine settimana, sabato 30 e domenica 31. A Roma arriveranno tutti i principali capi di governo mondiali – tra gli altri anche il presidente statunitense Joe Biden – assenti, invece, il russo Vladimir Putin e il cinese Xi Jinping. Sarà anche l’ultimo G20 a cui parteciperà la cancelliera tedesca Angela Merkel. Già oggi si terranno alcuni incontri preliminari: prevista una riunione dei ministri delle Finanze e una dei ministri della Salute dei paesi coinvolti.
Oltre al primo G20 a guida italiana, il vertice del 30 e 31 ottobre a Roma è anche il primo incontro faccia a faccia in due anni tra i leader: quello dell’anno scorso in Arabia saudita si era tenuto in forma virtuale, a causa della pandemia. L’Italia ha organizzato i lavori seguendo tre «pilastri tematici»: persone, pianeta e prosperità. Il summit sarà dominato dalle questioni relative ai cambiamenti climatici, in vista della Cop26 di Glasgow che inizia lunedì 1 novembre. I leader discuteranno anche della ripresa economica dopo la pandemia, dell’aumento dei prezzi dell’energia e della difficoltà delle forniture, della campagna di vaccinazioni a livello mondiale, di una tassa minima globale del 15% per le grosse corporation. Ci saranno a margine del summit occasioni per discutere di altri temi, come l’Afghanistan o la ripresa del negoziato sul nucleare con l’Iran (su cui è previsto un incontro sabato tra i leader di Stati Uniti, Germania, Francia, Regno Unito) o ancora l’Indo-Pacifico, la Cina e il progetto crescente di una difesa europea.
Il premier Mario Draghi punta a un pre-accordo sul clima, anche con i grandi inquinatori della Terra, da portare alla Cop 26, la conferenza sul cambiamento climatico a cui prenderanno parte 197 nazioni. Difficile immaginare un miglior banco di prova, dato che i Paesi che ne fanno parte del G20 sono responsabili del 75% delle emissioni globali di gas serra. Eppure diversi segnali non fanno ben sperare. A iniziare dal fatto che il presidente cinese Xi Jinping si collegherà da remoto (in presenza parteciperà il ministro degli Esteri Wang Yi) e lo stesso farà il presidente russo Vladimir Putin. Causa Covid, ufficialmente. Resta il fatto che si tratta di un ostacolo in più, a maggior ragione perché Cina, Russia e Brasile hanno già annunciato che non saranno presenti alla Cop 26.
L’incontro tra i grandi del mondo riguarderà anche le risorse economiche da stanziare. Secondo un accordo del 2009, i Paesi ricchi avrebbero dovuto stanziare 100 miliardi l’anno per favore l’adattamento di quelli più poveri alla trasformazione del clima. È uno dei quattro obiettivi ambientali rilanciati da Cop26 che doveva essere raggiunto entro il 2020. Ma così non è stato. Questione rilanciata anche dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen: «Il G20 deve riuscire a consegnare ai Paesi più vulnerabili 100 miliardi di dollari l’anno per la finanza climatica a partire già dall’anno prossimo non dal 2023».
Centrale anche il tema vaccini: il G20 ha portato all’impegno di vaccinare almeno il 40% della popolazione mondiale entro il 2021. Ma è anche vero che i Paesi che compongono i 20 Paesi membri hanno ricevuto un numero di dosi pro capite 15 volte maggiore rispetto ai Paesi dell’Africa sub-sahariana e che, nell’ambito dell’iniziativa Covax promossa dall’Onu, solo 194 milioni di dosi sono state date dai Paesi ad alto reddito sui 1,3 miliardi di dosi promesse. Ci sono divergenze anche sui brevetti: India e Sudafrica continuano a premere sulla sospensione dei brevetti sui vaccini contro il Covid-19 e intendono portare, a fine novembre, la questione sul tavolo della World Trade Organization. Molti esperti inoltre premono perché il G20 sia più incisivo istituendo un meccanismo per prepararsi a future pandemie.
A portata di mano è invece l’obiettivo della firma dell’accordo che imponga un’aliquota minima globale del 15% sugli utili delle multinazionali per evitare che le grandi aziende continuino a spostare la sede fiscale dove possono godere di un trattamento più favorevole. L’iniziativa partita dalla segretaria al Tesoro Janet Yellen, è stata sottoscritta all’inizio di ottobre da 136 Paesi in sede Ocse.