Sostegno unanime affinché le elezioni in Libia si tengano il 24 dicembre, sanzioni Onu in caso di boicottaggio del percorso che porterà il Paese nordafricano alle urne e il ritiro dei mercenari e delle forze straniere dai territori. E sullo sfondo l’appello pubblico di Mario Draghi all’Unione europea per un’intesa sugli sbarchi “continui” di migranti che rendono insostenibile la situazione italiana. È quanto emerso dalla Conferenza di Parigi sulla Libia che si è tenuta a Parigi sotto la regia di Emmanuel Macron.
Nel documento finale della conferenza, i leader presenti hanno espresso il loro «pieno sostegno alla piena applicazione del cessate il fuoco del 23 ottobre del 2020» con l’intento di stabilizzare politicamente il paese. A febbraio la formazione del nuovo governo ad interim in Libia aveva messo fine all’esistenza di due governi diversi – uno a ovest, con sede a Tripoli, e uno a est, nella regione della Cirenaica – che si erano combattuti per anni in una guerra civile, terminata solo dopo la sconfitta di fatto delle milizie guidate dal maresciallo Khalifa Haftar, alleato del governo orientale.
Il vertice ha cercato di creare le condizioni affinché la road map per la stabilizzazione del Paese del Nord Africa non registri slittamenti. Allo stato attuale il rischio che la scadenza delle elezioni del 24 dicembre non venga rispettata è reale. Il tentativo della Conferenza è stato quello di esprimere una posizione comune europea a sostegno del processo di stabilizzazione politica. «Sottolineiamo l’importanza che tutti i protagonisti libici si impegnino inequivocabilmente per tenere elezioni libere, corrette, inclusive e credibili, sia presidenziali che parlamentari il 24 dicembre 2021 come stabilito dalla road map politica libica», si legge nel comunicato finale.
La comunità internazionale minaccia sanzioni contro chi ostacolerà il processo elettorale. «Individui o entità, dentro o fuori la Libia, che potrebbero tentare di ostacolare, minare, manipolare o falsificare il processo elettorale e la transizione politica saranno ritenuti responsabili e potrebbero essere deferiti alla Commissione sanzioni delle Nazioni Unite – si legge ancora nel comunicato – . Ci impegniamo a rispettare il processo elettorale libico e invitiamo tutti gli altri attori internazionali a fare lo stesso».
Il presidente del Consiglio Mario Draghi ha posto l’accento sulla necessità di trovare soluzioni in tempi stretti. «È importante che le elezioni si svolgano il 24 dicembre in modo simultaneo, presidenziali e parlamentari – ha detto -. Ma per farlo occorre una legge elettorale. È quindi mio auspicio che questa legge vanga fatta con l’accordo di tutti che lavoreranno insieme non nelle prossime settimane, ma nei prossimi giorni, perché è urgente per poter votare il 24 dicembre». Quanto poi al pilastro sicurezza, Draghi ha ricordato che è «un anno e mezzo che non c’è più guerra, che c’è pace. Questa è la dimostrazione che questo percorso di ricostruzione è possibile».
Ma in Libia sono ancora presenti migliaia di soldati turchi, o miliziani siriani filo-turchi reclutati nel nord della Siria, che erano andati a combattere a fianco del governo di Tripoli. Sono presenti anche i mercenari del gruppo russo Wagner, che invece erano stati mandati dalla Russia per combattere a fianco di Haftar. La Turchia, che nella guerra appoggiava il governo di Tripoli e il cui intervento militare aveva cambiato le sorti del conflitto, di fatto sancendo la sconfitta delle milizie di Haftar, non ha partecipato alla conferenza, e come si legge in una postilla del documento ha espresso «riserve sullo status di forze straniere».