Il dibattito è aperto. Dopo che l’Agenzia europea per i medicinali (Ema) ha raccomandato ai paesi europei di autorizzare la somministrazione del vaccino contro il coronavirus di Pfizer-BioNTech anche ai bambini tra i 5 e gli 11 anni l’Europa si divide con i Paesi scandinavi, Danimarca e Svezia in particolare, fino a oggi contrari a dare il via libera all’antidoto per i bambini perché a loro avviso il rapporto rischio-beneficio sarebbe a svantaggio del vaccino, per via della più bassa incidenza di malattia grave da Covid rispetto ai pur rarissimi casi di reazione avversa.
Alcuni governi hanno già ampliato i loro programmi di vaccinazione per includere bambini e giovani. Per i bambini americani di età compresa tra 5 e 11 è stata decisa una raccomandazione per i vaccini Covid-19 il 2 novembre e, a metà mese, quasi il 10% di quelli idonei aveva ricevuto la prima dose, secondo la Casa Bianca. Il comitato per le vaccinazioni dei Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie Usa ha riscontrato una «probabile associazione» tra i vaccini a mRNA – ovvero Moderna e Pfizer – e i casi di miocardite riscontrati in ragazzi tra i 16 e i 24 anni, ma ha anche rimarcato che «i benefici superano i rischi». Secondo gli esperti dei Cdc, su milioni di seconde dosi il vaccino causerebbe infatti 70 casi di miocardite, nella maggior parte di lieve entità.
In Israele martedì 23 novembre è partita la campagna dei bambini dai 5 agli 11 anni come deciso dalle autorità indicazione del Comitato nazionale per la lotta al Covid. Il ministero della Salute israeliano dal canto suo rileva appena 275 casi di miocarditi su 5 milioni di vaccinati. Anche in questo caso con un rapporto rischio-beneficio a vantaggio del vaccino.
In questi giorni il Canada sta procedendo alla vaccinazione dei minori. La Cina lo fa da tempo. La lista degli altri Paesi del mondo dove già da qualche tempo è ammessa la vaccinazione per i bambini comprende tra gli altri Venezuela, Argentina, Cile. Il ministro della Sanità del Messico Jorge Alcocer si è espresso con durezza contro la vaccinazione, dicendo che non ha senso far correre pericoli ai bambini e per questo non vaccinerà neanche i nipoti.
L’Europa ancora una volta si divide: i governi di Svezia e Danimarca invece affermano che nel caso dei minori con un’età dai 5 agli 11 anni il rapporto rischio-beneficio è a loro svantaggio, data la minima incidenza della malattia grave comparata alle reazioni avverse. Per questo motivo non li vaccineranno. In Austria, nel frattempo, dove è scattato il lockdown e la situazione contagi resta pesante, da qualche giorno è possibile prenotare il vaccino per i più piccoli con 9 mila prenotazioni nel giro di poche ore.
Dal sì dell’Agenzia europea per i medicinali (Ema) – che ha raccomandato di concedere un’estensione dell’indicazione per il vaccino Covid di Pfizer-BioNtech alla fascia tra i 5 e gli 11 anni – ora si aspettano ora i prossimi passi anche in Italia. Molto probabilmente l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) si pronuncerà con un parere allineato a Ema. Anche poltici, virologi, immunologi, Società italiana di pediatria e Associazione ospedali pediatrici italiani sembrano non avere dubbi. Unica voce finora fuori dal coro quella del microbiologo Andrea Crisanti: «Con gli under 12 serve un eccesso di prudenza, aspettiamo dati più estesi».
Ma la sua posizione non è destinata a restare isolata. A prendere posizione e chiedere una maggiore riflessione sull’opportunità della vaccinazione dei più piccoli oggi è il Gruppo tecnico-scientifico Covid-19 dell’Inmi Spallanzani di Roma, che in un comunicato pubblicato su Facebook, dopo una riunione tecnica per fare il punto sulla situazione epidemiologica e sulle iniziative di controllo della pandemia, ha evidenziato che «la valutazione di programmi generalizzati di vaccinazione nella popolazione pediatrica sana al di sotto dei 12 anni deve tener conto di molteplici fattori, in termini di benefici e rischi, sia di carattere individuale (rischio di malattia-rischio di reazione avversa) che di popolazione (contributo al controllo della circolazione dell’infezione, copertura vaccinale e protezione di soggetti più fragili). E’ chiara la necessità di avere maggiori dati soprattutto sulle eventuali conseguenze a lungo termine dell’infezione da Sars-Cov-1 in questa popolazione».